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Che cosa fanno al CERN, il Big Bang, Hawking e Planet 9

Immagino che molti di voi si saranno chiesti almeno una volta che cosa facciano i fisici al CERN di Ginevra. Magari alcuni lo sanno, altri no. Visto che nelle scorse newsletter abbiamo introdotto alcuni concetti di fisica, oggi possiamo parlarne con un po’ più di consapevolezza.

Di cosa parliamo
– cosa fanno al CERN (e che c’entra con l’universo)
– pillole della settimana

Al CERN di Ginevra fanno foto
Il CERN, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, è il più grande laboratorio di fisica del mondo e si occupa di fisica delle particelle. Investigare il mondo delle particelle è molto importante perché aiuta a comprendere il comportamento delle forze fondamentali e la ricchezza di fenomeni fisici che ci offre la natura. Inoltre al CERN è possibile produrre artificialmente delle condizioni presenti solamente all’origine dell’universo ed eventi che oggi non sarebbero altrimenti visibili o che sono molto rari.

Quanto è grande
Il CERN è un centro di ricerca enorme. Coinvolge circa 15 mila dipendenti, per la maggior parte ricercatori, provenienti da decine di paesi diversi. Questo dato non tiene però conto delle centinaia di apprendisti e studenti che collaborano con l’ente nonché di tutti gli scienziati che, pur non essendo al CERN, partecipano direttamente alla ricerca nel settore. Il centro è finanziato da 21 paesi europei e utilizza ogni circa 1 miliardo di euro. L’Italia, che versa circa 130 milioni, è il quarto contributore.

Cos’è, essenzialmente
In sostanza il CERN è una fitta rete di acceleratori di particelle. Un acceleratore di particelle è quello che dice di essere: un qualcosa che prende delle particelle e le accelera a grandi velocità – velocità prossime alla velocità della luce, in questo caso.
Nulla può andare più veloce della luce e, addirittura, le particelle con massa non possono mai raggiungere la velocità della luce. Più ci si avvicina alla velocità della luce, infatti, più serve energia per accelerare le particelle. Per questo gli esperimenti fatti al CERN hanno richiesto così tanto tempo, ricerca e investimenti tecnologici. Serve tanta energia e una tecnologia sviluppata per mantenere stabile l’intero esperimento.

Come funziona
Un acceleratore di particelle funziona più o meno così. Si prendono delle particelle facili da reperire – come ad esempio dei protoni, che si ricavano partendo da delle semplici bombole di idrogeno. I protoni, che hanno carica positiva, vengono attirati da dei poli con carica negativa e dunque accelerano verso di loro. Quando sono vicini ai poli negativi e stanno per sbatterci, il polo negativo si spegne e se ne accende uno un po’ più in là, come in una specie di domino. I protoni quindi continuano ad accelerare percorrendo un tunnel, che è tenuto a bassissime temperature (circa -272 gradi) per evitare che il calore interferisca con le particelle.

Cosa c’è di speciale al CERN che non c’è da altre parti
Ovviamente le particelle possono accelerare fino a quando non finisce il tunnel. Per riuscire a raggiungere velocità altissime è stato quindi creata una fitta rete di tunnel, alcuni dei quali circolari, dentro ai quali le particelle possono continuare a girare e ad essere accelerate. Il più grande acceleratore – e anche il più recente e famoso, – si chiama LHC. È circolare ed è lungo 27 Km.

E una volta accelerate?
L’obiettivo degli esperimenti è di far scontrare tra loro delle particelle e di vedere cosa accade. Durante uno scontro tra particelle, infatti, queste possono spezzarsi in più parti oppure unirsi tra loro. Insomma, possono nascere delle nuove particelle secondo le regole dettate dalla natura. Quando diciamo che le particelle si “scontrano”, significa più precisamente che le particelle arrivano molto vicine le une alle altre e interagiscono attraverso una o più delle quattro forze fondamentali di cui abbiamo parlato nella scorsa newsletter.
Per generare le collisioni, nei tunnel viaggiano quindi due fasci di particelle, uno in un senso, uno nell’altro, che si scontrano in alcuni punti. In corrispondenza di questi punti ci sono dei rilevatori, che sono delle enormi “macchine fotografiche” in grado di rilevare le particelle create e analizzarne alcune proprietà fisiche. CMS, ATLAS, ALICE e LHCb sono i rilevatori più famosi. Per farvi capire quanto sono grandi i rilevatori, questo è CMS.
Nell’animazione vedete una simulazione di come i rilevatori scattano le “foto” tracciando la traiettoria delle particelle che si creano.


Perché al CERN accelerano così tanto le particelle
I protoni sono particelle facili da reperire e tutto sommato leggere. Certo, molte particelle sono molto più leggere del protone, le si trovano anche facendo collidere i protoni a basse velocità e infatti le conosciamo da tempo. L’elettrone o i neutrini ne sono un esempio. Altre particelle però, soprattutto alcune particelle mediatrici delle forze – ne parleremo – sono molto più pesanti. Come è possibile, facendo scontrare due protoni “leggeri”, ottenere delle particelle molto più pesanti? D’altronde, come abbiamo studiato a scuola, nulla si crea e nulla si distrugge: in un incidente tra due motorini non ci aspettiamo certo di veder apparire il rottame di un camion, giusto?
Tuttavia Einstein ci ha insegnato che la massa si può trasformare in energia e viceversa. È la famosissima – e molto fraintesa – formula E=mc2, dove E è l’energia di un corpo, m la sua massa relativistica e c è la velocità della luce (Bonus per i puristi: quella m è appunto la massa relativistica ed equivale alla massa del corpo come è comunemente intesa solo se il corpo è fermo. Se invece il corpo si muove la formula è un po’ più complicata).
L’idea è dunque questa. Prendiamo delle particelle “leggere” e acceleriamole ad altissime velocità. Esse acquistano una grande energia E, che permette, trasformando l’energia in massa durante le collisioni, di far comparire particelle con una massa m maggiore di quella di partenza.
C’è poi un altro motivo per accelerare le particelle e, paradossalmente, funziona al contrario. Come detto alcune particelle sono molto più leggere del protone e molto più piccole. Alcune di queste sono dunque particelle sfuggenti che non si vedono quasi o proprio mai. Per vedere queste particelle bisogna farle interagire con qualcosa delle loro dimensioni. Una zanzara che sbatte contro un camion non si nota, siete d’accordo? Per la meccanica quantistica e in particolare per la legge di De Broglie, per interagire con una particella molto piccola bisogna utilizzare delle particelle a velocità molto grande (servirebbero due formulette e qualche nozione di meccanica quantistica per convincersi. Voi vi fidate, ok?). In questo caso, quindi, più si accelerano i protoni più è facile vederli interagire con delle particelle piccole. L’acceleratore funziona perciò come un “microscopio” potentissimo.
Ecco perché in questi anni l’energia di LHC è stata gradualmente innalzata fino quasi al massimo, 13 TeV (più di 49miliardi di kcal). In questo modo è stato possibile vedere particelle molto sfuggenti e “crearne” altre molto pesanti, come ad esempio il Bosone di Higgs – qualsiasi cosa sia, come al solito.

Cosa c’entra con l’universo
Come abbiamo detto, al CERN è possibile studiare particelle molto piccole o molto sfuggenti creando artificialmente le condizioni per renderle visibili. Sono condizioni così estreme che erano presenti in natura all’origine dell’universo, pochissimo tempo dopo il Big Bang (cos’è?). Studiare i fenomeni fisici in queste condizioni, quindi, ci permette di comprendere i processi che hanno dato origine all’universo come lo conosciamo oggi.
Inoltre alcuni rilevatori sono stati creati proprio per rispondere a certe domande che riguardano la natura dell’universo. LHCb, ad esempio, si occupa di capire – studiando delle reazioni molto particolari – perché nell’universo c’è molta più materia che antimateria (tranquilli, ne parleremo).

Pillole
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

A proposito di Big Bang
È stata proposta da alcuni fisici una nuova teoria sull’evoluzione dell’universo. L’ipotesi è che l’inflazione, il rapido processo di espansione dell’universo che seguì il Big Bang, sia avvenuto in due fasi, anziché in una sola. Un approfondimento alla portata di tutti si trova qui.

Che si dice di Hawking
Trovate questi giorni un po’ ovunque la notizia che il fisico Stephen Hawking avrebbe risolto un problema riguardante i buchi neri chiamato paradosso dell’informazione. È una questione piuttosto tecnica, difficile da spiegare in parole povere a meno di banalizzarla. Magari un giorno ci proviamo (per ora rimando alle note). Hawking è indubbiamente un genio, ma faccio notare che è la quarta volta che propone una soluzione a questo paradosso.
Non ho una particolare opinione a proposito di quest’ultimo articolo di Hawking – anche perché devo ancora leggerlo – ma il processo di santificazione a cui vanno incontro gli scienziati quando diventano famosi è un problema di non poco conto per l’intera comunità scientifica: capita spesso che le opinioni di alcune menti geniali vengano ritenute vere a prescindere. Ma anche i grandi sbagliano. Einstein, per dire, non credeva alla meccanica quantistica. Eppure oggi tutti i fisici la ritengono una teoria scientifica piuttosto solida. Quando si leggono notizie come queste bisogna sempre ricordare che una proposta non diventa automaticamente una verità, indipendentemente da chi la formula.

SpaceX, kaboom
Domenica scorsa il lanciatore Falcon 9 di SpaceX, già usato nella missione Orbcomm-2, ha mandato in orbita con successo il satellite Jason 3. È la prima volta che un lanciatore viene usato con successo in due missioni spaziali. Questa volta il rientro verticale del Falcon 9 non era previsto sulla terraferma, ma su una chiatta in mezzo all’oceano. Il razzo ha centrato la chiatta, atterrando verticalmente. Poi però una gamba si è rotta ed è esploso (qui il video con audio).


Un nuovo pianeta nel Sistema Solare?
Uno articolo pubblicato ieri sostiene di aver provato, grazie allo studio delle orbite di alcuni oggetti nella fascia di Kuiper – una zona remota del Sistema Solare oltre il pianeta Nettuno – l’esistenza di un nono pianeta con 10 volte la massa della Terra. A differenza di quello che dice Repubblica, il pianeta non è stato “scoperto”. Un articolo scientifico ne sostiene l’esistenza, ma ora spetta agli astronomi trovarlo, se c’è. Come già detto, una proposta non diventa automaticamente una verità.

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Per approfondire
La fisica delle particelle spiegata a una pulce di Marco DelMastro
– Un video che dà l’idea della complessità del CERN
– Le “foto” fatte dal rilevatore CMS al CERN
– Il modello Standard delle particelle elementari
– Il paradosso dell’informazione, su Wikipedia