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Gli orbitali atomici

Gli elettroni sono distribuiti attorno al nucleo degli atomi seguendo le leggi della Meccanica quantistica, in alcune aree chiamate orbitali atomici. È l’argomento di oggi.
Per il resto parleremo di una novità riguardante le onde gravitazionali, dei famosi punti luminosi di Ceres – il pianeta nano – e di altre notizie della settimana.

Di cosa parliamo oggi
– la funzione d’onda
– come è fatto un atomo?
– gli orbitali atomici
– pillole della settimana

La funzione d’onda
Parlando della Meccanica quantistica avevamo detto che non è possibile misurare contemporaneamente la posizione e la velocità delle particelle con precisione arbitraria. Meglio misuriamo la posizione di una particella, più incerta è la misura della sua velocità e viceversa. Non è un limite sperimentale, ma un confine dato alla nostra conoscenza dalla natura e viene chiamato principio di indeterminazione di Heisenberg (per chi si è perso e per chi non c’era, ne abbiamo parlato qui). Per questo in Meccanica quantistica viene usata una descrizione probabilistica dello stato fisico delle particelle: la funzione d’onda. La funzione d’onda ci dice qual è la probabilità di trovare una certa particella in un determinato stato fisico – ad esempio qual è la probabilità di trovarla in una certa posizione. Questa descrizione probabilistica del comportamento delle particelle ha avuto molto successo, anche se ci ha costretto a cambiare modo di pensare. Se mettiamo una pallina sul tavolo e usciamo dalla stanza, possiamo dire con certezza che la pallina è rimasta sul tavolo. Se poi la lanciamo per aria, possiamo calcolare il suo moto e predire con esattezza dove cadrà. Con le particelle non funziona così: non possiamo più dire, prima di effettuare una misura, dove è una particella, né possiamo sapere in anticipo quale sarà la sua traiettoria. Possiamo solo conoscere la probabilità di misurarla in un punto a una certa velocità.

Come è fatto un atomo?
La funzione d’onda è lo strumento giusto per studiare la struttura degli atomi. Prima però chiariamoci le idee: cos’è un atomo? Prima che fossero scoperte le particelle elementari si credeva che la materia fosse costituita da piccoli granelli chiamati atomi (àtomos = indivisibile). È effettivamente così. La materia è composta di atomi che differiscono tra loro per dimensione, forma e altre proprietà fisiche e che possono combinarsi per creare molecole e dunque diversi materiali. Però non sono veramente indivisibili, anzi. Un atomo è formato da tre tipi di particelle: protoni, neutroni e elettroni. I protoni hanno carica elettrica positiva, i neutroni non hanno carica elettrica e gli elettroni – che sono 1836 volte più leggeri dei protoni e molto più piccoli – hanno carica elettrica negativa. Agli inizi del Novecento i fisici credevano che i protoni (rossi, in figura) se ne stessero insieme ai neutroni (verdi) a formare il nucleo atomico – la parte centrale dell’atomo – e che gli elettroni (gialli) ruotassero intorno al nucleo un po’ come i pianeti ruotano attorno al Sole.

Atom

(Credit: Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0)

Questo schema non nasce a caso – la legge di Coulomb che regola l’attrazione tra cariche elettriche negative e positive è molto simile alla legge di gravitazione universale di Newton, che modella l’attrazione dei corpi celesti – e ha permesso di spiegare come è formata la materia.
Atomi con un numero equivalente di protoni, neutroni e elettroni sono atomi dello stesso elemento. Ad esempio gli atomi composti da 3 protoni, 4 neutroni e 3 elettroni sono atomi di litio, quella sostanza usata nelle batterie. Solitamente protoni e elettroni sono presenti nell’atomo in numero uguale e cambiando il numero di protoni, cambia l’elemento: l’idrogeno ha 1 protone, l’elio ne ha 2, con 8 si fa l’ossigeno, con 26 il ferro e così via. Cambiando il numero dei neutroni invece si formano i cosiddetti isotopi, ossia atomi dello stesso elemento ma con caratteristiche fisiche un po’ diverse. Per dire, il trizio è un isotopo dell’idrogeno che si ottiene aggiungendo due neutroni al nucleo dell’idrogeno. Ed è radioattivo.
Tuttavia i fisici hanno scoperto che gli atomi non possono essere fatti come un piccolo sistema solare – con il nucleo al centro e gli elettroni che orbitano intorno. Le leggi dell’elettromagnetismo di Maxwell infatti dicono che delle cariche elettriche che si muovono emettono energia sotto forma di onde elettromagnetiche. Gli elettroni quindi, ruotando come piccoli pianeti, dovrebbero emettere onde elettromagnetiche, perdere energia e, prima o poi, cadere sul nucleo atomico distruggendo l’atomo. Perché non accade?

Gli orbitali atomici
Non accade perché gli elettroni sono particelle che obbediscono alle leggi della Meccanica quantistica e non seguono una traiettoria come l’orbita circolare disegnata sopra. Se seguissero una traiettoria precisa, esisterebbe una formula matematica che predice dove si trova ogni elettrone e a che velocità sta viaggiando. Pensateci: studiando le orbite dei pianeti intorno al Sole, o dei satelliti attorno alla Terra, siamo in grado di calcolare dove si trovano e la loro velocità. Sappiamo però che, a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, non è possibile fare lo stesso per le particelle. L’idea stessa di orbita, quindi, non si può applicare al modello atomico: gli elettroni non seguono delle orbite ruotando attorno ai protoni e ai neutroni.
Eppure gli esperimenti hanno dimostrato che l’atomo è formato da due regioni, una più centrale e densa, fatta di protoni e neutroni, e una più esterna e diradata, in cui si trovano gli elettroni.

Per riuscire a descrivere questa struttura possiamo provare a studiare la funzione d’onda degli elettroni che si trovano attorno al nucleo, individuando quelle zone in cui è più probabile trovare gli elettroni, quando li cerchiamo. Le zone adiacenti al nucleo in cui è più probabile trovare gli elettroni sono chiamate orbitali atomici. Si chiamano così perché sostituiscono l’idea di orbita – non più utilizzabile.
L’orbitale dell’atomo più piccolo – l’idrogeno, che ha 1 protone, 1 elettrone e zero neutroni – è molto semplice: è una sfera che avvolge il nucleo atomico

orbitals

(Credit: Av haade – Own work, CC BY-SA 3.0)

e ci dice che in quella zona è c’è un alta probabilità di trovare l’elettrone dell’idrogeno. Per convenzione gli orbitali sono quelle aree in cui la probabilità di trovare l’elettrone è superiore al 95%. Significa quindi che l’elettrone potrebbe trovarsi anche fuori da quella zona, ma con una probabilità sempre più bassa man mano che ci si allontana.
L’idrogeno però ha una struttura molto semplice, perché ha un solo elettrone che ruota attorno a un protone.
Come si dispongono gli elettroni, quando sono più di uno?

Il principio di esclusione di Pauli
Le particelle, oltre ad avere una posizione, una velocità o una carica elettrica, possono avere anche altre proprietà fisiche. Una di queste è chiamata spin. Non ne parliamo oggi, perché è una cosa piuttosto complicata da spiegare, ma è importante citarlo perché anche gli elettroni hanno uno spin, che può assumere due valori: +1/2 o -1/2 (Non fate caso ai numeri o al loro significato). La cosa importante da sapere è che due elettroni con lo stesso spin non possono stare nello stesso orbitale. È una legge dettata dalla natura, conosciuta come principio di esclusione di Pauli: se in un orbitale c’è un elettrone con spin +1/2 e ce ne è un altro, quest’altro ha per forza spin -1/2. Quindi in un orbitale ci possono essere al massimo due elettroni.
Se attorno a un atomo ci sono più di due elettroni, questi si trovano per forza in orbitali diversi.
Esistono infatti molti tipi di orbitali, che vengono riempiti dagli elettroni seguendo un ordine particolare. I primi orbitali hanno queste forme strane.

orbitali

(Credit: Av haade – Own work, based on various sources, sketch NOT computer generated models, CC BY-SA 3.0)

Il primo orbitale a riempirsi è quello rosso, chiamato orbitale s, poi si riempiono gli orbitali gialli, detti p, poi quelli azzurri e così via. Per chi volesse approfondire la struttura atomica, gli orbitali e scoprire cosa sono i livelli energetici, lascio un link negli approfondimenti.

I legami chimici
Una cosa importante degli orbitali è che questi giocano un ruolo di primo piano nella formazione dei legami chimici tra gli atomi. Gli orbitali più esterni di due atomi, infatti, possono legarsi tra loro, mettendo in comune i loro elettroni. In questo caso nascono dei nuovi tipi di orbitali, chiamati orbitali molecolari. Non entriamo nel dettaglio. Chi è appassionato di chimica, trova un link negli approfondimenti.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

Uno strano segnale forse proveniente dai buchi neri
Il 14 Settembre 2015, il Fermi Telescope della NASA ha misurato un lieve segnale proveniente dalla stessa regione di spazio da cui proveniva l’onda gravitazionale misurata da LIGO. Si tratta di un’emissione di raggi gamma ed è stata misurata meno di mezzo secondo dopo la rivelazione di LIGO. Potrebbe trattarsi di una coincidenza, anche se le probabilità che due segnali così importanti arrivino in un tempo così ravvicinato per puro caso è inferiore allo 0.2%. Nel breve video qui sotto è stata ricostruita la regione da cui provengono i due segnali. Questa misurazione potrebbe permetterci di capire meglio come funziona la fusione tra due buchi neri, ma soprattutto ci dimostra quanto è importante la triangolazione dei segnali. Per individuare l’esatta posizione di una sorgente di onde gravitazionali bisogna effettuare una triangolazione. Per fare una triangolazione servono tre “antenne”. Oggi ne abbiamo due – i due LIGO negli Stati Uniti. Quando anche Virgo, il rivelatore italiano, sarà attivo, sarà possibile localizzare nel giro di alcuni minuti l’origine delle onde gravitazionali e puntare tutti gli altri telescopi verso quel punto, per misurare altri tipi di radiazioni.


I punti luminosi di Ceres
La sonda Dawn, lanciata dalla NASA per raggiungere il pianeta nano Ceres e l’asteroide Vesta aveva individuato su Ceres dei punti molto luminosi, forse composti di ghiaccio esposto alla luce del sole. Non abbiamo ancora una risposta definitiva, ma nel frattempo abbiamo immagini di qualità sempre migliore, come questa immagine del cratere Haulani, ripreso da un’altitudine di 1470 km (i colori di questa foto non sono reali, ma evidenziano materiali di origine diversa. Si ingrandisce cliccando).

haulani

(Credit: Dawn/NASA)

Installato il modulo BEAM
Dopo essere stato lanciato con il Falcon 9, il modulo gonfiabile BEAM è stato installato con successo sulla Stazione Spaziale Internazionale. Il video dell’installazione si trova qui.

Analizzata della polvere interstellare
La sonda Cassini, realizzata dalla NASA con la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Italiana, si trova in orbita intorno a Saturno. Cassini è dotata di uno strumento chiamato Cosmic Dust Analyzer, in grado di analizzare minuscoli granelli di polvere spaziale. Queste analisi hanno individuato per la prima volta delle polveri provenienti dall’esterno del Sistema Solare. Tutti i dettagli qui.

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Per approfondire
– Il modello atomico a orbitali, spiegato con qualche dettaglio in più
– Gli orbitali molecolari

  (Credit: NASA/Goddard/Wade Sisler)

La teoria del tutto

I fisici sono spesso spinti dalla convinzione che la natura sia regolata da un sistema di leggi completo e coerente, in grado di spiegare tutti i fenomeni naturali: è la cosiddetta Teoria del tutto. Ma esiste davvero? Ne discutiamo oggi.
Nel frattempo SpaceX ce l’ha fatta: è riuscita a far atterrare verticalmente il Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Robe da matti.
Le newsletter sono caricate sul mio sito e su medium con qualche giorno di ritardo. Per chi vuole qualche curiosità e approfondimento in più, Space break ha anche una pagina facebook e un account twitter. Per scrivermi la mail è spacebreak [at] francescobussola.it

Di cosa parliamo oggi
– la gravità fa di testa sua
– la Teoria del tutto
– pillole della settimana

La gravità fa di testa sua
Le due grandi teorie fisiche utilizzate oggi per studiare la natura – la Meccanica quantistica e la Teoria della Relatività – non vanno molto d’accordo. Una spiega molto bene i fenomeni microscopici, il comportamento delle particelle, i legami chimici e la struttura della materia. L’altra descrive la dinamica e la meccanica dei corpi, anche per grandi masse e grandi velocità: ci permette di mandare satelliti in orbita, studiare l’universo e regolare orologi e gps. Dove però funziona una teoria, l’altra fallisce.
Negli anni è stata sviluppata una teoria, chiamata Teoria quantistica dei campi (Quantum field theory), che è riuscita a unificare la Meccanica quantistica con la Teoria della Relatività Speciale. Un’unificazione è sempre un grande risultato: avere una sola teoria per spiegare alcuni fenomeni naturali, anziché dover ricorrere a più modelli, semplifica i problemi concettuali ed evita di farsi domande come “perché dovremmo usare questo modello anziché l’altro?”. La Teoria quantistica dei campi ha ottenuto ottimi risultati ed è la teoria su cui si basano gli esperimenti del CERN, dove è usata per studiare i comportamenti quantistici delle particelle elementari a velocità relativistiche – ossia a velocità prossime a quelle della luce. L’unificazione però funziona con la Relatività Speciale, quella parte della Relatività che non si occupa della gravità. Al CERN infatti non si tiene conto dell’effetto della gravità della Terra, o del Sole o della Luna: sono forze troppo piccole per disturbare gli esperimenti.
Non abbiamo però una teoria che unifichi la Meccanica quantistica con la Teoria della Relatività Generale, ossia non abbiamo una teoria che descriva i comportamenti quantistici della natura in presenza di gravità. È chiaro che se vogliamo studiare l’universo non possiamo dimenticarci completamente della gravità. Ci piacerebbe inoltre sapere se la gravità stessa abbia un comportamento quantistico come le altre tre forze della natura. I fisici credono di sì.

Una legge per domarli
Una teoria in grado di unificare la Relatività e la Meccanica quantistica sarebbe quella che i fisici chiamano una Teoria del tutto, perché sarebbe potenzialmente in grado di spiegare tutti i fenomeni fisici, collegandoli insieme in maniera organica e coerente. Pensateci, non sarebbe bello che tutti i fenomeni fisici fossero spiegabili da un’unica elegante formula? O che le quattro forze della natura fossero diverse manifestazioni di un’unica forza, di cui ancora non conosciamo le caratteristiche?
La credenza che l’universo sia regolato da un’unica legge elegante ha ben poco di scientifico. È una pretesa bella e buona, un atto di fede, quasi. Tuttavia questa convinzione è stato lo stimolo principale dei fisici da quando si scoprì che l’elettricità e il magnetismo non erano fenomeni distinti, ma manifestazioni dello stessa forza naturale – la forza elettromagnetica – ed erano spiegabili da quattro semplici ed eleganti formule – le equazioni di Maxwell.

Le teoria del tutto
Ma esiste una Teoria del tutto? No, non ancora. Ci sono però alcune teorie che si sono candidate ad esserlo. La candidata più famosa è la Teoria delle stringhe. La Teoria delle stringhe – ne parleremo con più calma, un giorno – riesce a descrivere il Modello standard delle particelle, includendo la Relatività Generale. Sostiene che l’universo abbia 10 o 11 dimensioni – anziché 4.- e che le particelle siano composte da strutture unidimensionali in vibrazione – le stringhe. Ogni stringa potrebbe vibrare in modi diversi, dando origine a diversi tipi di particelle.
Purtroppo però la Teoria delle stringhe, dopo più di cinquant’anni dalla sua prima formulazione, non ha portato grandi risultati e alcune delle sue importanti predizioni continuano a non essere confermate dagli esperimenti. Inoltre alcune suoi aspetti, come l’esistenza stessa delle stringhe, non sono verificabili né falsificabili, cioè non possono essere testati con degli esperimenti.
Esistono comunque altre teorie, oltre alla Teoria delle stringhe, che potrebbero candidarsi a Teoria del tutto. La più nota è la cosiddetta Gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity). Una delle caratteristiche principali di questa teoria è che prevede che lo spazio sia discreto, anziché continuo. Ricordate il lenzuolo che descriveva lo spaziotempo di Einstein? Anziché essere una superficie continua potrebbe essere una specie di rete intrecciata di piccoli oggetti chiamati “loop”. È però una teoria piuttosto giovane, ancora in fase di sviluppo ed è presto per dare un giudizio.
Un giorno magari parleremo più in dettaglio di queste teorie, ricordandoci però che, a differenza della Meccanica quantistica e della Relatività, non sono confermate dagli esperimenti.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

SpaceX, che gran cosa
Dopo vari tentativi SpaceX, la compagna spaziale di Elon Musk, è riuscita a far atterrare il suo lanciatore Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Il Falcon è stato utilizzato per portare in orbita la capsula Dragon CRS-8, con un carico destinato alla ISS e avrebbe avuto carburante sufficiente per tornare sulla terraferma, ma SpaceX ha preferito tentare nuovamente l’atterraggio su chiatta. Comunque sia, oggi dobbiamo solo goderci questo video: è fantascienza che diventa realtà.chiatta

BEAM
Il lancio del Falcon era molto atteso anche per il carico che portava con sé. La capsula Dragon CRS-8 conteneva infatti un nuovo modulo abitativo per la ISS, chiamato BEAM (Bigelow Expandable Activity Module). BEAM è un modulo gonfiabile e dunque più leggero e meno ingombrante di quelli rigidi. L’installazione del modulo BEAM – nel video qui sotto vedete una simulazione – sarà effettuata sabato 16 aprile 2016 e sarà visibile in streaming a questo link dalle ore 11.30.

beam
Kepler
Kepler è un telescopio spaziale il cui scopo è la ricerca di pianeti simili alla Terra. Il 7 Aprile è stato scoperto che Kepler si trovava da circa 36 ore in modalità di emergenza, una modalità a bassa operatività, ma a grande consumo di carburante. Lunedì 11 la NASA ha però annunciato che Kepler è uscito dalla modalità di emergenza. Gli ingegneri stanno ora analizzando i dati del telescopio per capire cosa abbia causato il malfunzionamento.

Vele solari
Il fisico (e milionario) Yuri Milner ha presentato un progetto per raggiungere il sistema stellare Alpha Centauri in 20 anni. Il progetto, chiamato Breakthrough Starshot, prevede l’utilizzo di una piccola sonda lanciata al 20% della velocità della luce, utilizzando una vela solare. Non mi dilungo. Trovate un’ottima spiegazione qua.

Domande?
Per suggerimenti e domande scrivete a spacebreak [at] francescobussola.it
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Per approfondire
– la Teoria delle strighe, spiegata in due minuti
– il modulo BEAM e la storia dei moduli gonfiabili
– il lancio di SpaceX, nel dettaglio

Il gatto di Schrödinger

Il gatto di Schrödinger è uno dei gatti più famosi della scienza popolare. La settimana scorsa, spiegando i principi della Meccanica quantistica, non l’ho citato. Ne parliamo oggi, cercando di dare qualche spunto anche a chi sa già cos’è. Parleremo anche di spazio e dei risultati di alcuni esperimenti.

Di cosa parliamo oggi
– il gatto di Schrödinger
– pillole della settimana

Cos’è il gatto di Schrödinger
Il gatto di Schrödinger è una metafora per capire come va interpretata la natura quando si studia l’infinitamente piccolo usando la Meccanica quantistica. Abbiamo visto la scorsa settimana che non possiamo conoscere tutto quello che vogliamo della natura. Ad esempio, studiando una particella, non riusciamo a misurare contemporaneamente e con infinita precisione la sua posizione e la sua velocità. Meglio ne misuriamo la posizione, meno precisamente possiamo sapere la velocità, e viceversa. Non è un limite tecnologico, ma un limite fisico chiamato principio di indeterminazione di Heisenberg. La natura ci impedisce di farlo.
Siccome non possiamo sapere tutto con la precisione che vogliamo, in Meccanica quantistica vengono utilizzate delle funzioni matematiche di probabilità, chiamate funzioni d’onda: se non sappiamo dire precisamente la posizione di una particella, possiamo però sapere qual è la probabilità di trovarla in un certo posto. Queste funzioni d’onda non sono predittive, ma descrivono in maniera probabilistica lo stato di una particella.

L’esperimento del gatto
L’esperimento mentale del gatto fu proposto dal fisico Erwin Schrödinger nel 1935 all’interno della discussione sul paradosso EPR – di cui oggi non parliamo – ma secondo me è utile per spiegare l’idea della funzione d’onda.
Immaginate di chiudere un gatto in una scatola. All’interno della scatola, oltre al gatto, c’è una fialetta di cianuro collegata a un marchingegno con una sostanza radioattiva. Il marchingegno funziona così: quando la sostanza radioattiva decade, ossia quando emette almeno una radiazione, la fialetta si rompe, il cianuro esce e il gatto muore. Però la sostanza è molto poco radioattiva e ha un tempo di dimezzamento alto, che significa che emette particelle radioattive molto lentamente. Diciamo, per esempio, che il tempo di dimezzamento sia di dieci minuti. In questo caso la probabilità che la sostanza emetta una radiazione dopo dieci minuti è del 50%. Significa che dopo dieci minuti c’è il 50% di probabilità che la sostanza abbia emesso una particella radioattiva e il marchingegno abbia rotto la fialetta di cianuro e il 50% che non l’abbia fatto. Testa o croce, insomma. Può averlo fatto, come no.
Se dopo dieci minuti non apriamo la scatola non c’è modo di sapere se la sostanza è decaduta o meno. Quello che sappiamo è solo la probabilità che l’abbia fatto, il 50%. In questo caso non possiamo dire che la sostanza è decaduta, ma nemmeno che non lo sia. La Meccanica quantistica interpreta questa situazione nel modo seguente: “la sostanza è decaduta, ma anche no”, con una probabilità del 50%. Se volessimo descrivere lo stato della sostanza, questo è tutto ciò che potremmo dire. Questa è la sua funzione d’onda probabilistica.

E il gatto?
La vita del gatto però, si trova appesa allo stesso filo: se la sostanza è decaduta, la fiala di cianuro si è rotta ed è morto, altrimenti è vivo. Se non apriamo la scatola possiamo dire se il gatto è vivo? No, possiamo solamente dire che c’è il 50% di probabilità che lo sia. Anche il gatto quindi ha una funzione d’onda e si trova in una sovrapposizione di stati. Non è vivo e non è morto. È entrambi, contemporaneamente, con una probabilità del 50%. Almeno finché non apriamo la scatola.

Beh, apriamo la scatola
Aprendo la scatola possiamo controllare se il gatto è vivo o morto. Questa azione corrisponde, in Meccanica quantistica, a un atto di misura: abbiamo misurato lo stato del gatto. Nel momento in cui facciamo una misura la descrizione probabilistica scompare. A quel punto otteniamo un risultato certo: vivo o morto, decaduto o non decaduto, 1 o 0, c’è o non c’è. L’atto di misurare fa collassare la funzione d’onda in uno degli stati probabili. Se si ripetesse l’esperimento tante volte, si scoprirebbe che la metà delle volte il gatto sopravvive, la metà muore, esattamente come la funzione d’onda ci stava dicendo.

Eh no
Potreste rispondermi: “È una sciocchezza che il gatto sia sia vivo che morto prima di aprire la scatola. Non c’è alcuna sovrapposizione di stati e nessun collasso della funzione d’onda. Il gatto è già vivo o già morto, solo che noi non lo sappiamo e quando apriamo la scatola semplicemente lo scopriamo”.
Avreste ragione, perché infatti il mondo macroscopico funziona così e il gatto è appunto solo una metafora. Ma c’è un esempio miroscopico che i lettori affezionati di questa newsletter conoscono bene in cui invece ho ragione io.

La doppia fenditura, il ritorno
Vi ricordo brevemente cos’è l’esperimento della doppia fenditura. Proviamo a sparare una particella contro due fenditure molto vicine. Ci aspetteremmo che la particella passi da una delle due fenditure e non dall’altra, come una pallina di un flipper. Abbiamo visto però che non accade così, ma che in casi come questo le particelle si comportano come onde e riescono a passare da entrambe le fenditure, creando una figura di interferenza (per chi si è perso e per chi non c’era, trovate tutto qui e qui).

 

Doppia fenditura

Di Koantum, di Trutz Behn (Opera propria) CC-BY-SA-3.0, attraverso Wikimedia Commons

Proviamo a interpretare questo fenomeno in modo simile al gatto. La particella ha il 50% di probabilità di passare nella fenditura a sinistra e il 50% di passare a destra. Se non chiudiamo le fenditure abbiamo visto che le particelle, anche sparandole una alla volta, anziché raccogliersi in corrispondenza delle due fenditure, creano una figura di interferenza e abbiamo detto che l’unico modo per giustificare questo comportamento è convincersi che ogni particella passi da entrambe le fenditure contemporaneamente, come fa un’onda del mare attraverso i boccaporti. Qui sotto un video di un esperiento in cui si vedono le particelle – in questo caso elettroni – disporsi una alla volta secondo una configurazione strana, anziché raccogliersi su due righe in corrispondenza delle fenditure.

Se ogni particella passa sia a destra che a sinistra, però, significa che si trova in una sovrapposizione di stati: non possiamo dire “la particella è passata a sinistra” né “la particella è passata a destra”. Anzi, come dimostra la figura di interferenza, la particella è passata sia a destra che a sinistra, comportandosi come un’onda.
La funzione d’onda della particella ci dice che la probabilità di trovare la particella a destra o a sinistra è del 50% ed è proprio quello che accade. Se si mette un contatore di particelle su una delle due fenditure – chiudendo di fatto la fenditura – si scopre che metà delle particelle sparate vengono rilevate dal contatore, mentre le altre mezze passano dall’altra fenditura aperta e stavolta passano come se fossero delle semplici palline: vanno dritte e non formano alcuna figura di interferenza. Insomma, misurando la posizione delle particelle – che è l’equivalente di aprire la scatola con il gatto – scopriamo se queste passano a sinistra o a destra: la loro funzione d’onda collassa in uno dei due stati possibili, non sono più “sia a sinistra che a destra” e la figura di interferenza, che era un segnale del loro comportamento quantistico, scompare.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

LHC è ripartito
LHC, l’acceleratore di particelle al CERN di Ginevra, è stato rimesso in funzione dopo la pausa invernale. Attualmente è in fase test, ma le prime collisioni buone per fare esperimenti si dovrebbero avere verso fine aprile. Negli scorsi mesi era stato misurato un fenomeno anomalo e alcuni sperano che si tratti di una nuova particella a 750 GeV di massa. Si vedrà.

Nuove misure di precisione a LHCb
I responsabili dell’esperimento LHCb del CERN di Ginevra hanno annunciato due nuovi record di precisione nelle misure di alcuni parametri fondamentali della matrice Cabibbo-Kobayashi-Maskawa, un oggetto matematico che descrive il comportamento dei quark. Queste misure permetteranno di verificare con precisione ancora maggiore il Modello Standard delle particelle.

Un uomo su un asteroide
Riuscirà l’uomo a mettere piede su un asteroide? Forse un giorno sì, grazie a una missione NASA – per ora solo in fase di definizione – chiamata Asteroid Redirect Mission (ARM). Lo studio degli asteroidi è importante non solo per motivi scientifici, ma anche per sviluppare le tecniche di difesa dagli asteroidi, ossia quelle procedure utilizzabili in caso si scopra un asteroide in rotta di collisione con la Terra.
L’ARM è stata pensata in vista del fine vita della ISS. La Stazione Spaziale diventerà, al termine del suo compito, una base di appoggio per varie missioni nello spazio. Tutti i dettagli di ARM sono qui (inglese).

Hitomi non se la passa bene
L’agenzia spaziale Giapponese JAXA non riesce più a comunicare con il satellite a raggi X Hitomi, lanciato a Febbraio. Maggiori tentativi saranno fatti in questi giorni.

Per approfondire
– un video sul riavvio di LHC, in inglese
– una visuale a 360° del quarto modulo della ISS
– Il paradosso EPR, spiegato dal Prof. Valter Moretti

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