Il gatto di Schrödinger
Il gatto di Schrödinger è uno dei gatti più famosi della scienza popolare. La settimana scorsa, spiegando i principi della Meccanica quantistica, non l’ho citato. Ne parliamo oggi, cercando di dare qualche spunto anche a chi sa già cos’è. Parleremo anche di spazio e dei risultati di alcuni esperimenti.
Di cosa parliamo oggi
– il gatto di Schrödinger
– pillole della settimana
Cos’è il gatto di Schrödinger
Il gatto di Schrödinger è una metafora per capire come va interpretata la natura quando si studia l’infinitamente piccolo usando la Meccanica quantistica. Abbiamo visto la scorsa settimana che non possiamo conoscere tutto quello che vogliamo della natura. Ad esempio, studiando una particella, non riusciamo a misurare contemporaneamente e con infinita precisione la sua posizione e la sua velocità. Meglio ne misuriamo la posizione, meno precisamente possiamo sapere la velocità, e viceversa. Non è un limite tecnologico, ma un limite fisico chiamato principio di indeterminazione di Heisenberg. La natura ci impedisce di farlo.
Siccome non possiamo sapere tutto con la precisione che vogliamo, in Meccanica quantistica vengono utilizzate delle funzioni matematiche di probabilità, chiamate funzioni d’onda: se non sappiamo dire precisamente la posizione di una particella, possiamo però sapere qual è la probabilità di trovarla in un certo posto. Queste funzioni d’onda non sono predittive, ma descrivono in maniera probabilistica lo stato di una particella.
L’esperimento del gatto
L’esperimento mentale del gatto fu proposto dal fisico Erwin Schrödinger nel 1935 all’interno della discussione sul paradosso EPR – di cui oggi non parliamo – ma secondo me è utile per spiegare l’idea della funzione d’onda.
Immaginate di chiudere un gatto in una scatola. All’interno della scatola, oltre al gatto, c’è una fialetta di cianuro collegata a un marchingegno con una sostanza radioattiva. Il marchingegno funziona così: quando la sostanza radioattiva decade, ossia quando emette almeno una radiazione, la fialetta si rompe, il cianuro esce e il gatto muore. Però la sostanza è molto poco radioattiva e ha un tempo di dimezzamento alto, che significa che emette particelle radioattive molto lentamente. Diciamo, per esempio, che il tempo di dimezzamento sia di dieci minuti. In questo caso la probabilità che la sostanza emetta una radiazione dopo dieci minuti è del 50%. Significa che dopo dieci minuti c’è il 50% di probabilità che la sostanza abbia emesso una particella radioattiva e il marchingegno abbia rotto la fialetta di cianuro e il 50% che non l’abbia fatto. Testa o croce, insomma. Può averlo fatto, come no.
Se dopo dieci minuti non apriamo la scatola non c’è modo di sapere se la sostanza è decaduta o meno. Quello che sappiamo è solo la probabilità che l’abbia fatto, il 50%. In questo caso non possiamo dire che la sostanza è decaduta, ma nemmeno che non lo sia. La Meccanica quantistica interpreta questa situazione nel modo seguente: “la sostanza è decaduta, ma anche no”, con una probabilità del 50%. Se volessimo descrivere lo stato della sostanza, questo è tutto ciò che potremmo dire. Questa è la sua funzione d’onda probabilistica.
E il gatto?
La vita del gatto però, si trova appesa allo stesso filo: se la sostanza è decaduta, la fiala di cianuro si è rotta ed è morto, altrimenti è vivo. Se non apriamo la scatola possiamo dire se il gatto è vivo? No, possiamo solamente dire che c’è il 50% di probabilità che lo sia. Anche il gatto quindi ha una funzione d’onda e si trova in una sovrapposizione di stati. Non è vivo e non è morto. È entrambi, contemporaneamente, con una probabilità del 50%. Almeno finché non apriamo la scatola.
Beh, apriamo la scatola
Aprendo la scatola possiamo controllare se il gatto è vivo o morto. Questa azione corrisponde, in Meccanica quantistica, a un atto di misura: abbiamo misurato lo stato del gatto. Nel momento in cui facciamo una misura la descrizione probabilistica scompare. A quel punto otteniamo un risultato certo: vivo o morto, decaduto o non decaduto, 1 o 0, c’è o non c’è. L’atto di misurare fa collassare la funzione d’onda in uno degli stati probabili. Se si ripetesse l’esperimento tante volte, si scoprirebbe che la metà delle volte il gatto sopravvive, la metà muore, esattamente come la funzione d’onda ci stava dicendo.
Eh no
Potreste rispondermi: “È una sciocchezza che il gatto sia sia vivo che morto prima di aprire la scatola. Non c’è alcuna sovrapposizione di stati e nessun collasso della funzione d’onda. Il gatto è già vivo o già morto, solo che noi non lo sappiamo e quando apriamo la scatola semplicemente lo scopriamo”.
Avreste ragione, perché infatti il mondo macroscopico funziona così e il gatto è appunto solo una metafora. Ma c’è un esempio miroscopico che i lettori affezionati di questa newsletter conoscono bene in cui invece ho ragione io.
La doppia fenditura, il ritorno
Vi ricordo brevemente cos’è l’esperimento della doppia fenditura. Proviamo a sparare una particella contro due fenditure molto vicine. Ci aspetteremmo che la particella passi da una delle due fenditure e non dall’altra, come una pallina di un flipper. Abbiamo visto però che non accade così, ma che in casi come questo le particelle si comportano come onde e riescono a passare da entrambe le fenditure, creando una figura di interferenza (per chi si è perso e per chi non c’era, trovate tutto qui e qui).
Proviamo a interpretare questo fenomeno in modo simile al gatto. La particella ha il 50% di probabilità di passare nella fenditura a sinistra e il 50% di passare a destra. Se non chiudiamo le fenditure abbiamo visto che le particelle, anche sparandole una alla volta, anziché raccogliersi in corrispondenza delle due fenditure, creano una figura di interferenza e abbiamo detto che l’unico modo per giustificare questo comportamento è convincersi che ogni particella passi da entrambe le fenditure contemporaneamente, come fa un’onda del mare attraverso i boccaporti. Qui sotto un video di un esperiento in cui si vedono le particelle – in questo caso elettroni – disporsi una alla volta secondo una configurazione strana, anziché raccogliersi su due righe in corrispondenza delle fenditure.
Se ogni particella passa sia a destra che a sinistra, però, significa che si trova in una sovrapposizione di stati: non possiamo dire “la particella è passata a sinistra” né “la particella è passata a destra”. Anzi, come dimostra la figura di interferenza, la particella è passata sia a destra che a sinistra, comportandosi come un’onda.
La funzione d’onda della particella ci dice che la probabilità di trovare la particella a destra o a sinistra è del 50% ed è proprio quello che accade. Se si mette un contatore di particelle su una delle due fenditure – chiudendo di fatto la fenditura – si scopre che metà delle particelle sparate vengono rilevate dal contatore, mentre le altre mezze passano dall’altra fenditura aperta e stavolta passano come se fossero delle semplici palline: vanno dritte e non formano alcuna figura di interferenza. Insomma, misurando la posizione delle particelle – che è l’equivalente di aprire la scatola con il gatto – scopriamo se queste passano a sinistra o a destra: la loro funzione d’onda collassa in uno dei due stati possibili, non sono più “sia a sinistra che a destra” e la figura di interferenza, che era un segnale del loro comportamento quantistico, scompare.
Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
LHC è ripartito
LHC, l’acceleratore di particelle al CERN di Ginevra, è stato rimesso in funzione dopo la pausa invernale. Attualmente è in fase test, ma le prime collisioni buone per fare esperimenti si dovrebbero avere verso fine aprile. Negli scorsi mesi era stato misurato un fenomeno anomalo e alcuni sperano che si tratti di una nuova particella a 750 GeV di massa. Si vedrà.
Nuove misure di precisione a LHCb
I responsabili dell’esperimento LHCb del CERN di Ginevra hanno annunciato due nuovi record di precisione nelle misure di alcuni parametri fondamentali della matrice Cabibbo-Kobayashi-Maskawa, un oggetto matematico che descrive il comportamento dei quark. Queste misure permetteranno di verificare con precisione ancora maggiore il Modello Standard delle particelle.
Un uomo su un asteroide
Riuscirà l’uomo a mettere piede su un asteroide? Forse un giorno sì, grazie a una missione NASA – per ora solo in fase di definizione – chiamata Asteroid Redirect Mission (ARM). Lo studio degli asteroidi è importante non solo per motivi scientifici, ma anche per sviluppare le tecniche di difesa dagli asteroidi, ossia quelle procedure utilizzabili in caso si scopra un asteroide in rotta di collisione con la Terra.
L’ARM è stata pensata in vista del fine vita della ISS. La Stazione Spaziale diventerà, al termine del suo compito, una base di appoggio per varie missioni nello spazio. Tutti i dettagli di ARM sono qui (inglese).
Hitomi non se la passa bene
L’agenzia spaziale Giapponese JAXA non riesce più a comunicare con il satellite a raggi X Hitomi, lanciato a Febbraio. Maggiori tentativi saranno fatti in questi giorni.
Per approfondire
– un video sul riavvio di LHC, in inglese
– una visuale a 360° del quarto modulo della ISS
– Il paradosso EPR, spiegato dal Prof. Valter Moretti
Cos’è la Meccanica quantistica
Abbiamo detto tempo fa che in fisica esistono oggi due grandi teorie comunemente considerate “vere”, perché in grado di descrivere una grande varietà di fenomeni fisici in maniera precisa e coerente: la Teoria della Relatività e la Meccanica quantistica. Della Relatività abbiamo già parlato nelle scorse newsletter – qui e qui. Di essa sappiamo che descrive bene il comportamento dei corpi e della materia ad alte energie: ci permette di studiare il moto di pianeti e stelle, di lanciare satelliti e navicelle spaziali, di comprendere il funzionamento dell’universo. È arrivata addirittura a predire, con sessant’anni di anticipo, l’esistenza delle onde gravitazionali.
Eppure ci sono ambiti dove la Relatività fallisce: se si studiano i processi nucleari o subnucleari, il comportamento microscopico delle molecole, le interazioni tra le particelle, la struttura della materia, la Relatività è muta. A queste scale entra in gioco la Meccanica quantistica.
Di cosa parliamo
– che cos’è la Meccanica quantistica
– alcuni esempi (già fatti)
– cosa dice la Meccanica quantistica
– cose che la Meccanica quantistica sa
– il problemone
– domande e risposte
– pillole della settimana
Cos’è la Meccanica Quantistica
La Meccanica quantistica è una teoria dell’infinitamente piccolo. Ancora una volta, come è accaduto con la Relatività, dovremo abbandonare molti pregiudizi per apprezzarla, perché la natura non si comporta come ci aspettiamo: esplorando il mondo microscopico – o a scale inferiori – si osservano fenomeni bizzarri che non sono spiegabili dal senso comune, né dalla Meccanica di Newton, che studiava la materia come se fosse fatta di piccole palline che si scontrano. Come vedremo, le particelle che compongono la materia non si comportano per niente come palline. Non sempre, almeno.
Perché “quantistica”
L’aggettivo quantistica, come abbiamo già visto, deriva dalla parola quanto. Ci si era accorti studiando l’effetto fotoelettrico (ci arriviamo) che l’energia non viene trasmessa in maniera continua da un corpo a un altro, ma attraverso dei piccoli pacchetti energetici. A questi pacchetti venne dato il nome di quanti. I primi quanti scoperti furono i quanti di luce, ossia i fotoni, che sono quindi pacchetti di energia elettromagnetica. Ritornando al discorso di prima, questi fotoni a volte si comportano come delle palline, altre volte no.
Alcuni esempi (già fatti)
In che senso le particelle, come ad esempio i fotoni, non si comportano come piccole palline? Un esempio che abbiamo già incontrato è quello di un elettrone che si dirige verso una doppia fenditura. Ne abbiamo parlato un paio di settimane fa.
Riassumendo. Se spariamo un elettrone contro due fenditure molto vicine, la Meccanica di Newton ci dice – così come il nostro intuito – che l’elettrone sceglierà di passare o in una fenditura o nell’altra. Un po’ come una pallina che cade nel flipper, che a volte passa a sinistra di ostacolo, a volte a destra con una probabilità del 50%. Sparando tanti elettroni verso le fenditure ci aspettiamo quindi che metà degli elettroni passino dalla fenditura di sinistra, metà da quella di destra, raccogliendosi in due punti su una lastra fotografica posta oltre le fenditure.
Come abbiamo visto, non funziona così: gli elettroni, anche se sparati uno alla volta, si dispongono oltre le fenditure creando una figura di interferenza. Come detto l’altra volta, l’unico modo per interpretare questo fenomeno è accettare che in questo caso gli elettroni – e in generale le particelle – non si comportino come palline, ma come onde. Arrivati alle fenditure, le attraversano entrambe contemporaneamente, un po’ come un’onda del mare che passa da due boccaporti vicini.
L’esperimento della doppia fenditura non è l’unico caso in cui la natura si comporta in modo bizzarro. Altri fenomeni, come il famoso effetto fotoelettrico, scoperto nel 1887, non erano spiegabili dalla Meccanica di Newton o dall’elettromagnetismo di Maxwell. Anche stavolta trovate tutto qui.
Cosa dice la Meccanica quantistica
Se le particelle a volte si comportano come onde, allora la Meccanica di Newton non va bene per descriverle. Serve una nuova Meccanica che tenga conto del loro comportamento anomalo, ossia servono delle nuove leggi fisiche.
Chiaramente non posso insegnarvi la Meccanica quantistica. Avreste bisogno di conoscenze matematiche avanzate e mesi di studio. Però possiamo elencare quali sono i principi cardine di questa teoria, tentando di capirne il significato in maniera un po’ rozza. Per qualsiasi dubbio, scrivetemi.
La dualità onda particella
Della dualità onda particella abbiamo già parlato. La Meccanica quantistica afferma che tutte le particelle – e quindi tutti i corpi, – in determinate circostanze si comportano come onde. È la famosa legge di De Broglie, che però ci dice anche che non è tecnologicamente possibile osservare la natura ondulatoria dei grandi corpi (grandi quanto? Eh, questo è un problemone. Ci torniamo). Però ci riusciamo per corpi piccoli, come ad esempio gli elettroni.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg
Il principio di indeterminazione di Heisenberg dice che non è possibile conoscere con precisione arbitraria la posizione e la velocità di una particella. È una questione molto complicata, che ha lasciato perplessi i fisici per molto tempo e che riguarda il concetto di misura. Se si misura con alta precisione la posizione di una particella, non si è più in grado di determinare la sua velocità e viceversa. Ad esempio se volessimo sapere con precisione qual è la posizione di un elettrone dovremmo provare a colpirlo con un fotone ad alta energia. Durante l’urto, però, l’energia viene trasferita all’elettrone e ne perturba la sua velocità, che quindi non possiamo misurare con precisione.
L’esempio che vi ho fatto è un po’ rozzo, ma rende l’idea delle difficoltà che si incontrano quando si vuole studiare la natura nel piccolo (sì, ma quanto piccolo? È il problemone di prima). Siamo abituati a misurare le quantità fisiche usando degli oggetti (un metro, un termometro, …) e generalmente questi oggetti non disturbano il sistema che stiamo misurando. Quando si studia l’infinitamente piccolo diventa più difficile capire cosa significa “misurare” e, soprattutto, l’atto di misura può influenzare sensibilmente il sistema che stiamo studiando.
Vale la pena dire che il principio di Heisenberg è un po’ più generale di come l’ho presentato qui sopra e che, nelle formulazioni moderne della Meccanica quantistica, è un teorema e può essere quindi dimostrato.
La funzione d’onda
Siccome non possiamo misurare con qualsiasi precisione alcune proprietà delle particelle – come la posizione e la velocità – siamo costretti a cambiare approccio: se non possiamo dire “la particella è qui e viaggia a questa velocità”, possiamo però dire qual è la probabilità di trovare una particella in una certa posizione o a una certa velocità. Questa descrizione probabilistica dello stato fisico di una particella è chiamata funzione d’onda. Ad esempio nel caso dell’esperimento della doppia fenditura, la funzione d’onda ci dice che la probabilità che la particella passi nella fenditura di sinistra è il 50% – che è un modo un po’ meno rozzo di dire che la particella passa da entrambe le fenditure. Chiaramente quello che adesso sembra solo un gioco di parole ha in realtà un preciso significato matematico, che però non indaghiamo oltre. Ci basta sapere una cosa: questa idea della funzione d’onda ha risolto parecchi problemi.
Cose che la Meccanica quantistica sa
Senza addentrarci nella fisica delle particelle, o in effetti quantistici esotici come l’entaglement (ne parleremo), la Meccanica quantistica è in grado di spiegare una quantità enorme di fenomeni. Dal funzionamento delle chiavette USB alla risonanza magnetica, questa Teoria ha trovato infinite applicazioni tecnologiche. Pensate che tutta la chimica moderna si basa sui principi della Meccanica quantistica, lo studio delle funzioni d’onda e di come queste cambiano quando si formano i legami chimici.
Il problemone
Nel corso della newsletter abbiamo visto che la Meccanica quantistica funziona nel piccolo, ma non nel grande. Ma piccolo quanto? Purtroppo non esiste ancora un modo per definire con precisione il limite di validità della Teoria. Questo, capirete anche voi, è un problema sia dal punto di vista pratico che da quello concettuale. Quando va usata la Meccanica quantistica e quando la possiamo approssimare usando le formule della Relatività? E se non riusciamo a capire dove inizia e dove finisce, non è che ci sfugge qualcosa?
I fisici da anni stanno provando a rispondere a queste domande, nel tentativo di trovare una teoria unica che inglobi la Meccanica quantistica e la Teoria della Relatività di Einstein, ma ancora non ci sono riusciti.
Domande e risposte
Alcune domande che mi avete fatto e alcune risposte.
Perché c’è tutto questo clamore per Samantha Cristoforetti? Che ha di speciale?
Samantha Cristoforetti è stata la prima donna italiana selezionata dall’Agenzia Spaziale Europea come astronauta. Questo forse basta a giustificare il grande interesse che ha suscitato, ma certo non spiega l’enorme copertura mediatica. Samantha, oltre ad avere i suoi account social come gli altri astronauti, ha cogestito un blog sulla sua missione, effettuato molti collegamenti tv, risposto alle domande degli appassionati. Era inoltre disponibile una webapp (Friends in space) per salutare Samantha al passaggio della ISS e da cui lei poteva rispondere con un click. E poi, ovviamente, è stato fatto il docufilm Astrosamantha.
Il tutto rientra in un progetto per spronare quelle ragazze che potrebbero intraprendere una carriera scientifica, ma non lo fanno perché sono senza un modello di riferimento. Chi meglio di Samantha, ingegnere, pilota, astronauta, poteva fare da testimonial per una campagna di questo tipo?
Hai detto che la cometa Catalina sta attraversando il Sistema solare e non tornerà mai più. Dove andrà a finire?
Continuerà probabilmente a vagare nello spazio. La sua orbita l’ha portata fuori dal Sistema solare. Forse si scontrerà con qualche altro oggetto celeste – magari un giorno verrà attirata da una stella diversa dal Sole – ma se accadrà non sarà tanto presto. Lo spazio è piuttosto vuoto.
A cosa serve la pura osservazione di fenomeni fisici, come quella delle onde gravitazionali, se non porta innovazioni tecnologiche?
È vero, la scoperta delle onde gravitazionali non ha una ricaduta tecnologica diretta, ma ci sono già molte ricadute tecnologiche indirette: per arrivare a compiere quegli esperimenti sono stati sviluppati sistemi di ultra vuoto, laser ad altissima coerenza, camere di risonanza a elevato rendimento, materiali innovativi e unici nel loro genere. Senza contare lo sviluppo di complicati modelli di analisi numerica, che potranno essere utilizzati anche in altri ambiti, un giorno. Inoltre, come ogni scoperta, non sappiamo dove ci porterà. L’osservazione delle onde gravitazionali ci permetterà di studiare una parte di universo che fino ad oggi era rimasta nascosta e non sappiamo quali conseguenze avranno questi studi. Ci possono volere anni, decenni, forse secoli, ma la conoscenza porta sempre al progresso tecnologico, prima o poi.
Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
L’equinozio di primavera, un giorno prima
Quest’anno l’equinozio di primavera è arrivato il 20 Marzo, non il 21. C’entrano i moti millenari della Terra e il modo in cui calcoliamo il calendario. Non mi dilungo: hanno detto tutto su Gravità Zero.
ISS: c’è chi viene e c’è chi va
Dopo il rientro di Scott Kelly, Mikhail Kornienko e Sergey Volkov, è partita la Expedition 47 verso la ISS con gli astronauti Jeff Williams, Oleg Skripochka e Alexey Ovchinin. Qui il video.
Per approfondire
– La Meccanica quantistica, raccontata da Roberto Battiston, presidente dell’ASI (video)
– Una rassegna di articoli sulla Meccanica quantistica, che integrano quello che vi ho detto (EDIT: mi chiedono che avvallo i contenuti del sito linkato che parlano di olismo e medicina non convenzionale. No, ma gli articoli di Antonella Ravizza – come quello che ho linkato – sono prettamente scientifici)
– Quark, con i disegnini. Che bello che era (video breve)
– La differenza tra la Meccanica quantistica e la Meccanica classica, spiegata da Carlo Rubbia (video)
La dualità onda particella
Per affrontare l’argomento di oggi dovete abbandonare molti pregiudizi. Il modo in cui leggiamo il mondo è basato sulla nostra esperienza, ma, come abbiamo visto parlando della Relatività, l’esperienza può indurci a trarre conclusioni errate su come funziona la natura.
Cercate di fidarvi di quello che vi dico e, se alcune cose vi sembreranno assurde, mantenete una mente aperta e curiosa: è la natura che vi sfida, non io.
Di cosa parliamo oggi
– cosa sono le particelle
– le onde elettromagnetiche
– il fotone
– la dualità onda particella
– pillole della settimana
Cosa sono le particelle, a spanne
Da qualche secolo l’uomo si è convinto che la materia sia composta di piccole particelle. La convinzione nasce da un’idea semplice: cosa accade se continuiamo a tagliare un oggetto a metà? È ragionevole pensare che, prima o poi, non sia più possibile dividerlo, che esista un granello fondamentale indivisibile, un costituente primo della materia. Questa idea molto ragionevole, però, da sola non va molto lontano, perché non ci dice la natura di quel granello – cos’è e come è fatto. Esistono granelli diversi per ogni cosa? I granelli che, uniti, compongono un mattone sono uguali a quelli che compongono l’acqua o il nostro corpo?
Il filosofo greco Democrito (460 a.C) pensava che i granelli fondamentali, che lui chiamava atomi (àtomos = indivisibile), differissero tra loro solo per dimensione e forma e che si muovessero colpendosi a vicenda e combinandosi in varie configurazioni.
Sappiamo oggi che la materia è composta effettivamente di atomi e che questi differiscono tra loro per dimensione, forma e altre proprietà fisiche. Sappiamo anche che gli atomi, combinandosi tra loro, formano delle molecole e che le molecole creano i materiali più disparati, dalla grafite all’acqua, dal poliestere allo zucchero di canna. L’idea di Democrito era insomma buona, ma è rimasta sopita per duemila anni, in attesa che si trovasse un modo per studiarla con concretezza attraverso i principi della chimica.
Però la storia non finisce qua. Abbiamo anche scoperto che gli atomi non sono poi così “indivisibili”, ma sono formati da granelli più piccoli, chiamati protoni, neutroni e elettroni, e che i protoni e i neutroni a loro volta sono formati da altri granelli detti quark. Al giorno d’oggi chiamiamo tutti questi granelli particelle e li classifichiamo in due gruppi. Le particelle più semplici, che secondo le nostre conoscenze non sono formate da parti più piccole, le chiamiamo particelle elementari. Un esempio di queste particelle sono i quark. Le loro combinazioni – come ad esempio i protoni, i neutroni, gli atomi o le molecole, – sono chiamate invece particelle non elementari.
Ora però saltiamo di palo in frasca e parliamo di onde elettromagnetiche. Dopo vi spiego perché.
Le onde elettromagnetiche
Le onde sono delle perturbazioni che partono da una sorgente e si propagano nel tempo e nello spazio, trasportando energia. Molte cose in natura si comportano come onde: le increspature sull’acqua quando gettiamo un sasso – gli tsunami ad esempio sono onde che trasportano tantissima energia e sono in grado di distruggere chilometri di costa, – le scosse sismiche di un terremoto, il suono che si propaga nell’aria e che, alla giusta frequenza, può rompere un bicchiere.
Certo, non tutte le onde sono uguali. Alcune onde oscillano in un modo, altre in un altro, alcune hanno bisogno di un mezzo in cui propagarsi, altre invece possono viaggiare anche nel vuoto.
Anche la luce si comporta come un onda. Anzi, non solo la luce che vediamo. Tutti i fenomeni elettromagnetici, come le microonde, gli infrarossi, i segnali radio, i raggi X e quelli ultravioletti, si propagano come delle onde e trasportano energia. La natura ondulatoria della luce è un dato di fatto sin dall’Ottocento ed è stata scoperta studiando le figure di interferenza di cui abbiamo parlato tempo fa. Quando infatti due onde si incrociano, si sommano o si cancellano a vicenda dando origine a delle forme particolari con dei picchi – dove le creste delle onde si sommano – e delle conche, come in questa animazione.
E questo accade anche alla luce. Supponiamo di puntare una torcia verso una parete in cui è stato fatto un piccolo foro. Cosa accade su uno schermo posto dall’altra parte della parete? Come immaginate apparirà un piccolo puntino luminoso, come questo.
Se però facciamo due fori molto vicini l’uno all’altro cosa ci aspettiamo di vedere? L’intuito ci induce a pensare che vedremmo due puntini luminosi in corrispondenza dei due fori.
Invece non è così. Se la luce passa attraverso due fori si forma una figura di interferenza, come quella qui sotto.
Come è possibile? La spiegazione per questa figura è che la luce non si comporta come una freccia che viaggia dritta, ma come un’onda. Arrivata alle fenditure si propaga in maniera ondulatoria in tutte le direzioni e, come nell’animazione di prima, le increspature si combinano creando dei picchi e delle conche sullo schermo, ossia delle zone illuminate e delle zone d’ombra. Questa volta non si tratta di onde del mare, ma di onde di luce.
La luce, quindi, e tutti gli altri segnali elettromagnetici, hanno una natura ondulatoria. Le chiamiamo infatti onde elettromagnetiche e, chiaramente, trasportano energia. La luce del Sole scalda, no?
Il fotone
Nell’Ottocento fu studiato un nuovo fenomeno fisico che venne chiamato effetto fotoelettrico: una superficie metallica colpita da radiazione elettromagnetica acquistava una carica elettrica positiva. Più si aumentava l’energia della radiazione elettromagnetica, più il metallo si caricava positivamente. Era evidente cosa accadeva: la radiazione elettromagnetica trasferiva energia al metallo e gli permetteva di acquistare una carica elettrica. Ma la cosa interessante è che questa carica non si accumulava in maniera continua man mano che si aumentava l’energia della radiazione elettromagnetica. Il processo di carica avveniva a scalini, a scatti. Incrementando lentamente l’energia non accadeva nulla fino a quando, tutto a un tratto, la carica del metallo aumentava di un po’.
Questo strano comportamento a scalini fu studiato per qualche tempo, e un giorno Einstein trovò una spiegazione. Suggerì che l’energia venisse trasferita dalla radiazione elettromagnetica al metallo non in maniera continua, ma discreta, come se fosse spezzettata in tanti piccoli pacchetti. Chiamò questi pacchetti di energia quanti, dando così il via, tra lo scetticismo della comunità scientifica, a quella che divenne poi la Meccanica quantistica.
Ancora più sorprendente fu però quello che scoprì Compton qualche anno dopo: i quanti suggeriti da Einstein sembravano comportarsi come vere e proprie particelle e non avevano massa. Potevano scontrarsi con le altre particelle, un po’ come le bilie si scontrano sul biliardo, e si potevano contare.
La luce quindi, che fino a quel momento era considerata un fenomeno ondulatorio, aveva anche una natura corpuscolare: era composta di piccole particelle, i quanti, che vennero poi chiamati fotoni.
La dualità onda particella
Ma allora la luce è un’onda o è fatta di particelle? Entrambe. I fenomeni elettromagnetici si comportano sia come onde che come particelle, in base a come li osserviamo. Nell’esperimento del doppio foro la luce mostra la sua natura ondulatoria, mentre nell’esperimento di Compton mostra quella corpuscolare.
Che succede se proviamo però a fare l’esperimento del doppio foro con delle altre particelle, ad esempio con gli elettroni?
Immaginiamo di sparare un elettrone alla volta verso due fenditure, creando un bivio che permetta agli elettroni di andare o in un fenditura o nell’altra. Ci aspettiamo chiaramente che l’elettrone – che per noi è essenzialmente un granello, una pallina minuscola, – passi in una delle due fenditure in maniera casuale. Non dovremmo quindi vedere alcuna figura di interferenza: dopo aver sparato tanti elettroni, questi si dovrebbero accumulare in due punti sullo schermo, metà in corrispondenza di un fenditura, metà in corrispondenza dell’altra.
Tenetevi forte. Non è quello che accade.
Gli elettroni, anche se vengono sparati uno alla volta, si dispongono sullo schermo in modo da creare pian piano una figura di interferenza. Qui trovate il video di un esperimento fatto con gli elettroni.
Perché gli elettroni si dispongono in questa maniera, anziché creare due righe in corrispondenza delle fenditure? L’unica spiegazione è che l’elettrone in questo caso non si comporti come una pallina, ma come un’onda. Arrivato in prossimità delle due fenditure, anziché scegliere uno dei due percorsi, passa attraverso entrambe e fa interferenza con se stesso, andando a disporsi sullo schermo in un punto della figura di interferenza. È esattamente quello che fanno i fotoni della luce, solo che quando spariamo un raggio luminoso i fotoni viaggiano molto vicini e non ci accorgiamo di come, uno alla volta, si dispongono sullo schermo.
Per capire meglio cosa accade bisognerebbe avere alcune nozioni di Meccanica quantistica, di cui non ho parlato, ma per ora è sufficiente ricordare questo: anche gli elettroni, come i fotoni, a volte si comportano come onde.
E non solo gli elettroni. Secondo la fisica tutte le particelle hanno una natura corpuscolare e una ondulatoria. Si comportano quindi come corpuscoli o come onde in base a come le si studia. Questo fenomeno è chiamato dualità onda particella.
Sembra un paradosso, lo so, ma il dualismo onda particella è un principio cardine della fisica moderna. La natura ci dà spesso lezioni di umiltà e ci spinge ad abbandonare i nostri pregiudizi sul mondo. Questo è uno di quelli più difficili da accettare.
Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
Scott Kelly è tornato
Gli astronauti Scott Kelly e Mikhail Kornienko sono tornati sani e salvi sulla Terra dopo un anno vissuto sulla ISS, nello spazio. Ora i cambiamenti del corpo di Scott verranno studiati confrontandolo con suo fratello gemello Mark, che era rimasto sulla Terra. Curiosità: a causa della Teoria della Relatività – sulla ISS il tempo scorre più lentamente che sulla Terra – Scott è ora 10 millisecondi più giovane del suo gemello.
SpaceX è sfortunata
SpaceX ha provato per cinque volte a mandare in orbita il satellite SES-9 con il suo Falcon 9 e per cinque volte il lancio è stato annullato. Durante la missione è previsto anche il rientro del lanciatore Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Due lanci sono stati annullati per problemi del propellente e in un caso il lancio è stato sospeso perché una nave è entrata involontariamente nell’area di sicurezza intorno alla chiatta. Il rientro del lanciatore sarà comunque molto difficile perché SES-9 deve raggiungere un’orbita geostazionaria, che è molto in quota, e quindi rimarrà poco carburante per manovrare il lanciatore durante le fasi di rientro. Un nuovo tentativo è previsto domani.
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Per approfondire
– La dualità onda particella, in sette minuti
– L’esperimento degli elettroni, spiegato
– L’effetto Compton, spiegato
– Perché SpaceX annulla così spesso i lanci (inglese)