Tag: Relatività Speciale

  (Credit: NASA/Goddard/Wade Sisler)

La teoria del tutto

I fisici sono spesso spinti dalla convinzione che la natura sia regolata da un sistema di leggi completo e coerente, in grado di spiegare tutti i fenomeni naturali: è la cosiddetta Teoria del tutto. Ma esiste davvero? Ne discutiamo oggi.
Nel frattempo SpaceX ce l’ha fatta: è riuscita a far atterrare verticalmente il Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Robe da matti.
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Di cosa parliamo oggi
– la gravità fa di testa sua
– la Teoria del tutto
– pillole della settimana

La gravità fa di testa sua
Le due grandi teorie fisiche utilizzate oggi per studiare la natura – la Meccanica quantistica e la Teoria della Relatività – non vanno molto d’accordo. Una spiega molto bene i fenomeni microscopici, il comportamento delle particelle, i legami chimici e la struttura della materia. L’altra descrive la dinamica e la meccanica dei corpi, anche per grandi masse e grandi velocità: ci permette di mandare satelliti in orbita, studiare l’universo e regolare orologi e gps. Dove però funziona una teoria, l’altra fallisce.
Negli anni è stata sviluppata una teoria, chiamata Teoria quantistica dei campi (Quantum field theory), che è riuscita a unificare la Meccanica quantistica con la Teoria della Relatività Speciale. Un’unificazione è sempre un grande risultato: avere una sola teoria per spiegare alcuni fenomeni naturali, anziché dover ricorrere a più modelli, semplifica i problemi concettuali ed evita di farsi domande come “perché dovremmo usare questo modello anziché l’altro?”. La Teoria quantistica dei campi ha ottenuto ottimi risultati ed è la teoria su cui si basano gli esperimenti del CERN, dove è usata per studiare i comportamenti quantistici delle particelle elementari a velocità relativistiche – ossia a velocità prossime a quelle della luce. L’unificazione però funziona con la Relatività Speciale, quella parte della Relatività che non si occupa della gravità. Al CERN infatti non si tiene conto dell’effetto della gravità della Terra, o del Sole o della Luna: sono forze troppo piccole per disturbare gli esperimenti.
Non abbiamo però una teoria che unifichi la Meccanica quantistica con la Teoria della Relatività Generale, ossia non abbiamo una teoria che descriva i comportamenti quantistici della natura in presenza di gravità. È chiaro che se vogliamo studiare l’universo non possiamo dimenticarci completamente della gravità. Ci piacerebbe inoltre sapere se la gravità stessa abbia un comportamento quantistico come le altre tre forze della natura. I fisici credono di sì.

Una legge per domarli
Una teoria in grado di unificare la Relatività e la Meccanica quantistica sarebbe quella che i fisici chiamano una Teoria del tutto, perché sarebbe potenzialmente in grado di spiegare tutti i fenomeni fisici, collegandoli insieme in maniera organica e coerente. Pensateci, non sarebbe bello che tutti i fenomeni fisici fossero spiegabili da un’unica elegante formula? O che le quattro forze della natura fossero diverse manifestazioni di un’unica forza, di cui ancora non conosciamo le caratteristiche?
La credenza che l’universo sia regolato da un’unica legge elegante ha ben poco di scientifico. È una pretesa bella e buona, un atto di fede, quasi. Tuttavia questa convinzione è stato lo stimolo principale dei fisici da quando si scoprì che l’elettricità e il magnetismo non erano fenomeni distinti, ma manifestazioni dello stessa forza naturale – la forza elettromagnetica – ed erano spiegabili da quattro semplici ed eleganti formule – le equazioni di Maxwell.

Le teoria del tutto
Ma esiste una Teoria del tutto? No, non ancora. Ci sono però alcune teorie che si sono candidate ad esserlo. La candidata più famosa è la Teoria delle stringhe. La Teoria delle stringhe – ne parleremo con più calma, un giorno – riesce a descrivere il Modello standard delle particelle, includendo la Relatività Generale. Sostiene che l’universo abbia 10 o 11 dimensioni – anziché 4.- e che le particelle siano composte da strutture unidimensionali in vibrazione – le stringhe. Ogni stringa potrebbe vibrare in modi diversi, dando origine a diversi tipi di particelle.
Purtroppo però la Teoria delle stringhe, dopo più di cinquant’anni dalla sua prima formulazione, non ha portato grandi risultati e alcune delle sue importanti predizioni continuano a non essere confermate dagli esperimenti. Inoltre alcune suoi aspetti, come l’esistenza stessa delle stringhe, non sono verificabili né falsificabili, cioè non possono essere testati con degli esperimenti.
Esistono comunque altre teorie, oltre alla Teoria delle stringhe, che potrebbero candidarsi a Teoria del tutto. La più nota è la cosiddetta Gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity). Una delle caratteristiche principali di questa teoria è che prevede che lo spazio sia discreto, anziché continuo. Ricordate il lenzuolo che descriveva lo spaziotempo di Einstein? Anziché essere una superficie continua potrebbe essere una specie di rete intrecciata di piccoli oggetti chiamati “loop”. È però una teoria piuttosto giovane, ancora in fase di sviluppo ed è presto per dare un giudizio.
Un giorno magari parleremo più in dettaglio di queste teorie, ricordandoci però che, a differenza della Meccanica quantistica e della Relatività, non sono confermate dagli esperimenti.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

SpaceX, che gran cosa
Dopo vari tentativi SpaceX, la compagna spaziale di Elon Musk, è riuscita a far atterrare il suo lanciatore Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Il Falcon è stato utilizzato per portare in orbita la capsula Dragon CRS-8, con un carico destinato alla ISS e avrebbe avuto carburante sufficiente per tornare sulla terraferma, ma SpaceX ha preferito tentare nuovamente l’atterraggio su chiatta. Comunque sia, oggi dobbiamo solo goderci questo video: è fantascienza che diventa realtà.chiatta

BEAM
Il lancio del Falcon era molto atteso anche per il carico che portava con sé. La capsula Dragon CRS-8 conteneva infatti un nuovo modulo abitativo per la ISS, chiamato BEAM (Bigelow Expandable Activity Module). BEAM è un modulo gonfiabile e dunque più leggero e meno ingombrante di quelli rigidi. L’installazione del modulo BEAM – nel video qui sotto vedete una simulazione – sarà effettuata sabato 16 aprile 2016 e sarà visibile in streaming a questo link dalle ore 11.30.

beam
Kepler
Kepler è un telescopio spaziale il cui scopo è la ricerca di pianeti simili alla Terra. Il 7 Aprile è stato scoperto che Kepler si trovava da circa 36 ore in modalità di emergenza, una modalità a bassa operatività, ma a grande consumo di carburante. Lunedì 11 la NASA ha però annunciato che Kepler è uscito dalla modalità di emergenza. Gli ingegneri stanno ora analizzando i dati del telescopio per capire cosa abbia causato il malfunzionamento.

Vele solari
Il fisico (e milionario) Yuri Milner ha presentato un progetto per raggiungere il sistema stellare Alpha Centauri in 20 anni. Il progetto, chiamato Breakthrough Starshot, prevede l’utilizzo di una piccola sonda lanciata al 20% della velocità della luce, utilizzando una vela solare. Non mi dilungo. Trovate un’ottima spiegazione qua.

Domande?
Per suggerimenti e domande scrivete a spacebreak [at] francescobussola.it
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Per approfondire
– la Teoria delle strighe, spiegata in due minuti
– il modulo BEAM e la storia dei moduli gonfiabili
– il lancio di SpaceX, nel dettaglio

La radiazione di Hawking e il quantum spin liquid

Perché Hawking è così famoso? Per la sua vita straordinaria, certo, ma anche per aver derivato uno dei più importanti risultati della fisica moderna: la radiazione di Hawking. C’entrano i buchi neri e la Meccanica quantistica.
Per chi volesse leggere le vecchie newsletter, le trova tutte sul mio sito o su medium. Space break ha anche una pagina facebook e un account twitter, dove pubblico di tanto in tanto curiosità e approfondimenti.

Di cosa parliamo oggi
– chi è Stephen Hawking
– la radiazione di Hawking
– pillole della settimana

Chi è Stephen Hawking
Stephen Hawking è un fisico britannico. Nato nel 1942, da quando ha 21 anni è affetto da SLA, una malattia neurodegenerativa. A Hawking vennero dati due anni di vita. La vita media di una persona affetta da SLA è tra i due e i cinque anni e meno del 5% dei malati sopravvive per più vent’anni. Hawking oggi ha 74 anni ed è sopravvissuto per così a lungo che la sua malattia sembra essersi stabilizzata. Pur non riuscendo a muovere il suo corpo atrofizzato e dovendo comunicare attraverso un sintetizzatore vocale, ha una mente ancora particolarmente brillante. Discute di scienza e religione e continua a fare divulgazione scientifica e ricerca di buona qualità. Il suoi risultati più importanti sono stati raggiunti negli anni ’70. Nel 1971 ha contribuito a dimostrare il cosiddetto “No-hair theorem”, un teorema matematico che riguarda i buchi neri e le loro proprietà fisiche. Nel 1974 ha teorizzato l’esistenza di una radiazione termica proveniente dai buchi neri: la radiazione di Hawking. Ne parliamo oggi.

I buchi neri, in tre righe
I buchi neri sono oggetti celesti con una grande massa che riescono ad attirare ed intrappolare ogni cosa, compresa la radiazione elettromagnetica. Insomma, mangiano tutto. Siccome anche la luce non riesce a uscire, non li vediamo brillare. Sono neri, appunto.

La radiazione di Hawking
Nonostante dal punto di vista classico, ossia secondo la Teoria della Relatività Generale, nulla può uscire da un buco nero, Hawking ha dimostrato che gli effetti quantistici permettono ai buchi neri di emettere una radiazione. In sostanza si tratta di una radiazione termica che si comporta come se fosse emessa da un corpo nero a una certa temperatura.

Cos’è un corpo nero
Un corpo nero in fisica è quello che dice di essere: un corpo completamente nero che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica che lo colpisce, senza rifletterla. Riesce però a emettere una radiazione termica, che dipende dalla sua temperatura. Un corpo nero è considerato solitamente un oggetto ideale, perché ci si aspetta che un qualsiasi materiale rifletta un po’ di luce, ma è un utile modello che viene spesso usato quando si studiano i fenomeni elettromagnetici.

Che c’entra con i buchi neri
Ecco, Hawking ha dimostrato che i buchi neri, che non sono un materiale ma degli oggetti celesti, si comportano come un corpo nero: nonostante “mangino tutto”, compresa la radiazione elettromagnetica, riescono a emettere una radiazione termica, come se questa fosse emessa da un corpo nero ad una certa temperatura. In questo caso la temperatura dipende dalla massa del buco nero.
Questa radiazione emessa è chiamata a volte evaporazione, perché fa perdere energia al buco nero e dunque gli fa perdere massa. Perciò se il buco nero non mangiasse nulla per molto tempo, continuerebbe a “evaporare”, rimpicciolendosi fino a scomparire.

Come si arriva a questo risultato
La dimostrazione dell’esistenza di questa radiazione fa uso dei principi della Meccanica quantistica, applicati nell’ambito della Teoria della Relatività. Abbiamo detto più volte che Meccanica quantistica e Relatività non vanno molto d’accordo: dove funziona una teoria, fallisce l’altra e viceversa. Tuttavia negli anni si sono trovati dei modi per utilizzarle insieme. Esiste una teoria che permette di unificare la Meccanica quantistica con la Relatività Speciale. Questa teoria, chiamata Teoria quantistica dei campi (Quantum field theory) è molto complicata, ma ha permesso di ricavare il Modello Standard delle particelle elementari. Insomma, è la Teoria che ha reso possibile l’esperimento del CERN e tutte le scoperte fisiche degli ultimi sessant’anni. La Teoria dei campi funziona però solo con la Relatività Speciale, non con la Relatività Generale, ossia funziona quando si trascurano gli effetti della gravità. Questo significa che non abbiamo ancora una teoria fisica in grado di descrivere tutti i fenomeni quantistici e la gravità. In particolare non siamo in grado di descrivere il comportamento quantistico della gravità stessa. Se si trovasse una teoria di questo tipo, sarebbe quella che i fisici chiamano La teoria del tutto, perché sarebbe in grado di spiegare tutti i fenomeni naturali in modo coerente.
Nonostante non siamo in grado di spiegare a fondo il comportamento quantistico della forza di gravità, è possibile però applicare la Teoria dei campi anche in presenza di gravità. È la cosiddetta Teoria dei campi in spaziotempo curvo. Non è una teoria completa, perché la gravità fa in qualche modo da spettatore ai processi fisici in gioco, ma ci permette di studiare alcuni fenomeni quantistici anche quando c’è la gravità – anche vicino a un buco nero, ad esempio.

Le particelle virtuali e la radiazione di Hawking
Molto spesso per spiegare la radiazione di Hawking viene utilizzato il concetto di particella virtuale. Le particelle virtuali sono in generale particelle che violano alcuni principi fisici, come il principio di conservazione o il principio di causalità. Per questo non sono considerate particelle vere e proprie. Si usano perché saltano fuori nella Teoria dei campi quando si fanno alcuni conti, ma la loro esistenza in natura è una questione più filosofica che scientifica.
Comunque sia, spesso la radiazione di Hawking viene spiegata utilizzando le particelle virtuali. Vicino al buco nero si formano e si distruggono continuamente delle coppie di particelle virtuali con energia nulla. A volte però queste coppie di particelle si dividono: una particella cade nel buco nero e una fugge da esso. Delle due, la seconda, allontanandosi dal buco nero, diventa reale ed in teoria è possibile misurarla: è quella che crea la radiazione di Hawking. La prima invece cade nel buco nero e non la vediamo più. Siccome poi la coppia aveva energia totale nulla e la particella uscente ha energia positiva, per la conservazione dell’energia si dice che le particelle virtuali cadute nel buco nero hanno energia negativa e sono quindi loro che fanno diminuire l’energia – ossia la massa – del buco nero, facendolo rimpicciolire.
Tuttavia questa descrizione, anche se evocativa e in un certo senso intuitiva, è sbagliata: in Teoria dei campi in spaziotempo curvo, ossia quando anche la gravità è in gioco, non è possibile definire chiaramente cosa sia una particella. La definizione di particella è chiara quando la gravità è spenta, ma quando la gravità è accesa perde di significato. Hawking stesso non utilizza le particelle virtuali negli articoli tecnici. Insomma, è possibile ottenere i risultati sulla radiazione di Hawking in maniera rigorosa senza utilizzare il concetto di particella virtuale, che è solo un espediente divulgativo.

La radiazione di Hawking è stata misurata?
No, e per un motivo molto semplice: i buchi neri sono difficili da trovare e sono molto distanti da noi. Non abbiamo ancora la tecnologia per avvicinarci a un buco nero e misurare la radiazione di Hawking. Tuttavia è possibile fare degli esperimenti in laboratorio per simulare il comportamento di un buco nero utilizzando fluidi o fibre ottiche. In questi esperimenti sono stati osservati dei comportamenti compatibili con la radiazione di Hawking.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

Scoperto un nuovo stato della materia
I fisici hanno osservato, in un materiale di Cloruro di rutenio, un nuovo stato della materia che era stato previsto una quarantina di anni fa, chiamato quantum spin liquid. Si tratta di un liquido fatto di elettroni a temperature prossime allo zero assoluto (-273 °C). Solitamente a temperature così basse gli elettroni tendono ad allinearsi in maniera particolare. In questo caso invece non lo fanno. Questo nuovo stato della materia potrebbe servire in futuro per sviluppare i computer quantistici, ma è troppo presto per dirlo con certezza. Trovate tutto qui.

Nuovo test per New Shepard, il lanciatore di Blue Origin
Terzo test per Blue Origin, la compagnia di Jeff Bezof che sta sviluppando dei lanciatori per il turismo spaziale. New Shepard è salito fino a 103 Km di quota, per poi riatterrare verticalmente a terra. Guardate il video perché è fantascienza: New Shepard ha riattivato i motori a 1 Km da terra, decelerando paurosamente.

Le scoperte di NEOWISE
La missione NEOWISE (Near-Earth Object Wide-field Survey Explorer) della NASA per la ricerca di asteroidi vicini alla terra ha rilasciato nuovi dati. Dalla sua riattivazione NEOWISE ha scoperto 250 nuovi oggetti, di cui 72 vicini alla terra, e 4 nuove comete. I dettagli e un video di spiegazione sono qui.

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Per approfondire
– la radiazione di Hawking, spiegata in termini di particelle virtuali
– perché non abbiamo una foto di un buco nero (video in inglese)
– il paradosso dell’informazione dei buchi neri

  (Credit: NASA)

Il paradosso dei gemelli

Nella Relatività Speciale esiste un paradosso, chiamato paradosso dei gemelli. Il paradosso è dovuto al fenomeno della dilatazione dei tempi di cui abbiamo già parlato. Per mettervi al pari e capire il paradosso potete leggere il riassuntino qua sotto, oppure dare una letta qui.
Ah, la prossima volta ci sarà in newsletter anche un breve spazio di domande e risposte. Potete inviarmi le domande a spacebreak [at] francescobussola.it, oppure su twitter o facebook.

Di cosa parliamo oggi
– il paradosso dei gemelli
– come si risolve?
– pillole della settimana

Il paradosso dei gemelli
Prima di parlare del paradosso dei gemelli, mi sembra il caso di fare tre righe di riassunto. Pronti? Via.

Riassuntino veloce veloce
La Teoria della Relatività Speciale di Einstein predice che se facciamo viaggiare degli orologi su un aereo, questi scandiranno il tempo più lentamente rispetto a quelli che sono sulla Terra. Insomma, il tempo scorre più lentamente quando ci si muove. Questo fenomeno, totalmente controintuitivo, è stato verificato sperimentalmente ed è oggi uno dei principi cardini della fisica.

I gemelli Scott e Mark
Immaginiamo che ci siano due gemelli, Scott e Mark, entrambi astronauti. Scott e Mark si trovano entrambi sulla Terra fino a quando la NASA non decide di mandare Scott in missione nello spazio. Scott dovrà viaggiare a velocità elevatissime con una navicella spaziale, effettuare alcuni test scientifici fermandosi al di fuori del Sistema Solare e infine tornare sulla Terra per comunicare i risultati. A Scott vengono date provviste per dieci anni: la missione è molto complessa, il viaggio lungo e gli esperimenti dovranno essere ripetuti più volte per verificare i risultati. Il 17 Marzo 2016, Scott parte, mentre suo fratello Mark rimane sulla Terra per addestrare dei giovani astronauti.

Il viaggio
La navicella con cui viaggia Scott si muove a velocità costante allontanandosi dalla Terra. Nello spazio non è difficile: una volta raggiunta la velocità desiderata, basta spegnere i motori e la navicella continua a viaggiare perché non c’è l’attrito dell’aria. Supponiamo che la navicella di Scott viaggi a circa 290 mila Km al secondo – una velocità prossima alla velocità della luce. Per gli effetti della Relatività Speciale l’orologio che si trova sulla navicella scandisce il tempo più lentamente di quelli che si trovano sulla Terra. Per dare dei numeri, a 290 mila Km al secondo gli orologi scorrono quasi 4 volte più lentamente, il che significa che un minuto sulla navicella corrisponde a quattro minuti sulla Terra. Insomma, quando sulla navicella passa un minuto, sulla Terra ne passano quattro,
Immaginiamo ora che Scott viaggi per quattro anni a queste velocità, si fermi per un paio d’anni al di fuori del Sistema Solare per effettuare gli esperimenti e poi decida di tornare sulla Terra per evitare di finire il cibo a disposizione. Una volta tornato sulla Terra avrà viaggiato complessivamente per otto anni – sui dieci della missione – a velocità prossime a quelle della luce.
Dalla partenza, il 17 Marzo 2016, Scott è dieci anni più vecchio ma, siccome sulla Terra il tempo è trascorso quattro volte più velocemente durante gli otto anni di viaggio di Scott, suo fratello Mark non sarà più vecchio di dieci anni, ma di trentaquattro (8[anni in viaggio]x4+2[anni di esperimenti]=34). All’arrivo di Scott, sulla Terra è il Marzo 2050, non il Marzo 2026.

Il paradosso
Fin qua è tutto molto assurdo ma, se la Relatività è vera (lo è) e se il fenomeno della dilatazione del tempo esiste (esiste), il ragionamento non fa una grinza: durante gli otto anni di viaggio a quelle velocità, il tempo sulla Terra è trascorso quattro volte più velocemente. Al loro incontro i due gemelli avranno età diverse: Scott sarà invecchiato di dieci anni, mentre Mark di trentaquattro. Dunque qual è il paradosso?
Il paradosso nasce dal principio cardine della Relatività Speciale, il principio di relatività. Il principio di relatività afferma che le leggi fisiche sono le stesse per tutti i sistemi di riferimento inerziali. Cosa significa? Significa, in questo caso, che sia Scott che Mark devono poter leggere il mondo con le stesse leggi fisiche.
Fin’ora infatti abbiamo osservato tutto il viaggio di Scott come se fossimo sulla Terra insieme a Mark: Scott è partito, ha viaggiato rispetto a noi a una velocità prossima a quella della luce per raggiungere lo spazio profondo, si è fermato e poi è tornato indietro sempre a una velocità elevatissima. Ma nulla ci impedisce di metterci dal punto di vista di Scott. Mentre viaggia, guardando fuori dall’oblò della navicella, Scott vedrebbe la Terra allontanarsi da lui a grande velocità. Se non sapesse di essere un astronauta su una navicella potrebbe credere di essere fermo in mezzo allo spazio, mentre la Terra fugge via. Potrebbe insomma avere la stessa sensazione che abbiamo quando vediamo il treno in fianco al nostro muoversi e non capiamo se è il nostro treno che parte o se siamo fermi. La velocità è infatti un concetto relativo e dipende da chi la misura: per Mark è Scott a muoversi con la sua navicella. Dal punto di vista di Scott è la Terra ad allontanarsi da lui.
Considerando Scott come se fosse fermo, allora sarebbe la Terra, insieme a Mark, a muoversi a 290 mila Km al secondo. Perciò il tempo dovrebbe dilatarsi sulla Terra, non sulla navicella. Dovrebbe insomma accadere il contrario di quanto abbiamo detto prima: quando sulla Terra passa un minuto, sulla navicella ne passano quattro. Seguendo questo ragionamento quindi sarebbe Scott a invecchiare quattro volte più velocemente di Mark, non viceversa.
Il paradosso dei gemelli è questo qua: dal punto di vista di Scott, Mark dovrebbe invecchiare. Dal punto di vista di Mark, dovrebbe invecchiare Scott. Cosa accade davvero?

Prima di dare la soluzione, ecco una bella foto di Mark e Scott Kelly, i due astronauti NASA che si sono prestati per davvero a un esperimento simile a quello che abbiamo raccontato, senza però viaggiare nello spazio profondo. Ne abbiamo parlato qui. Dopo l’esperimento, durato un anno, uno dei due è 10 millisecondi più vecchio dell’altro.

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Mark e Scott Kelly (Credit: NASA)

La soluzione
Per risolvere il paradosso bisogna prestare un po’ di attenzione a come si svolge l’esperimento. La situazione non è infatti completamente speculare, anche se sembrerebbe di sì. Il paradosso nasce appunto applicando il principio di relatività: i punti di vista di Mark e Scott ci sembrano equivalenti e saltando dall’uno all’altro non sappiamo più da che parte il tempo scorre più veloce o più lento.
I due punti di vista, però, non sono equivalenti. A differenza di Mark, che se ne sta comodo sulla Terra, Scott è soggetto a forti decelerazioni e accelerazioni: il razzo deve lanciare la navicella nello spazio, la navicella deve poi frenare bruscamente e fermarsi fuori dal Sistema Solare per poi riaccelerare e tornare indietro. Scott, quindi, quando i motori sono accesi, sente il suo corpo schiacciarsi contro il sedile o contro le cinture di sicurezza. Mark invece non sente alcuna accelerazione. La situazione non è dunque speculare: uno dei due astronauti percepisce, anche senza guardare fuori, anche senza sapere dove si trova, di essere soggetto a grandi accelerazioni. L’altro no.

Verso la Relatività Generale
Questo ragionamento convinse Einstein che alla Relatività mancasse un ingrediente e che l’accelerazione c’entrasse qualcosa in tutto questo. L’ingrediente mancante era la gravità, una forza che fa appunto accelerare i corpi: è impossibile distinguere un’accelerazione dovuta a una forza esterna da quella prodotta da un campo gravitazionale. Questo principio, chiamato principio di equivalenza, è il punto di partenza della Relatività Generale, la parte della Teoria di Einstein che considera anche la gravità. Per capire meglio cosa significa il principio di equivalenza, potete leggere questo esperimento immaginario, chiamato ascensore di Einstein.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

ExoMars è partita
La missione ExoMars, un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea per l’esplorazione robotica di Marte, è partita. È composta da una sonda – TGO – che rimarrà in orbita attorno a Marte e da un Lander – Schiaparelli – che atterrerà sul pianeta per studiarne l’atmosfera. Il contributo italiano alla missione, tramite l’Agenzia Spaziale Italiana e Finmeccanica, è consistente: la leadership della missione è affidata all’Italia, così come la responsabilità complessiva del sistema e lo sviluppo di Schiaparelli. Sono poi italiani i progetti di vari strumenti scientifici di Schiaparelli come DREAMS, AMELIA, MA_MISS e INRRI. Per maggiori informazioni sul ruolo dell’Italia potete guardare questo video Rai. Purtroppo il video ufficiale del lancio (questo) è piuttosto sgranato. C’è però un bel video fatto con il cellulare da Roberto Battiston, presidente dell’ASI.
Curiosità: come vengono trasportati i lanciatori di queste missioni? Così.

Glu glu
Per il capitolo «A cosa servono le missioni spaziali?», il satellite Landsat 8 sta scandagliando gli oceani per trovare relitti di navi affondate. Sapere dove sono i relitti è importante per varie ragioni. Quelli più recenti possono essere fonte di inquinamento, quelli vicini alla costa sono un potenziale pericolo per la navigazione, quelli più vecchi possono addirittura favorire la nascita di una barriera corallina. Lo sviluppo di tecnologie anche per missioni apparentemente inutili, permette poi di riutilizzarle in moltissimi ambiti che impattano direttamente sulla nostra vita.

Landsat

(Credit: NASA/USGS Landsat/Jesse Allen/NASA Earth Observatory/Matthias Baeye et al)

KosmoKurs sfiderà Blue Origin
L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha approvato il progetto dell’azienda privata KosmoKurs di Pavel Pushkin per progettare e sviluppare un sistema riutilizzabile per il turismo spaziale. I primi viaggi sono programmati attorno al 2020. Se avrete voglia di fare un viaggetto di qualche minuto nello spazio potete cominciare a mettere via un po’ di soldi. Il biglietto dovrebbe costare attorno ai 250 mila euro. KosmoKurs non è la prima azienda che punta a questo obiettivo. L’azienda americana Blue Origin di Jeff Bezos ha già effettuato i primi lanci test.

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Per approfondire
– Il paradosso dei gemelli
– L’esperimento che ha coinvolto i veri Scott e Mark Kelly (inglese)

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