Le Relatività Speciale, l’allineamento dei pianeti e Blue Origin
Oggi cominciamo ad affrontare un argomento complesso: la Teoria della Relatività di Einstein. Questa Teoria è divisa in due parti: la Relatività Speciale, che si occupa del moto dei corpi senza considerare la gravità, e la Relatività Generale, che generalizza – appunto – gli stessi concetti in presenza della gravità. In questa mail parliamo della Teoria della Relatività Speciale. nella prossima di quella Generale. Non sarò esaustivo, è impossibile. Una tale teoria richiede mesi di studio per comprenderne le basi e anni di pratica per saperla maneggiare con consapevolezza. È inoltre una teoria molto “matematica”, nel senso che si basa su una branca della matematica – la geometria differenziale – piuttosto tecnica.
Cercheremo di capirne i concetti base, senza strafare e lo faremo seguendo un ordine narrativo, più che logico. Anche perché Space break è questo: una chiacchierata al bar.
In futuro ci sarà tempo di approfondirne alcuni aspetti. Attendo le vostre richieste in merito.
Di cosa parliamo
– perché è nata Teoria della Relatività
– la Teoria della Relatività Speciale
– conseguenze della Teoria
– pillole della settimana
La Teoria della Relatività
La Teoria della Relatività è una delle teorie scientifiche più di successo. È il prototipo di quella che i fisici chiamano una “teoria elegante” perché, partendo da pochi assunti e utilizzando un linguaggio matematico chiaro e completo, riesce a predire moltissimi fenomeni fisici, altrimenti inspiegabili, con una precisione imbarazzante: le predizioni si scostano dai valori sperimentali di una parte su un miliardo. Inoltre tutti i risultati nascono in maniera diretta dai teoremi matematici della teoria. Insomma, spacca.
Ovviamente la Teoria vale nel suo ambito: più si studia la natura nel piccolo, più fallisce. Ma su larga scala – ossia per mandare satelliti in orbita, studiare corpi anche a grande velocità, comprendere i fenomeni cosmologici – non c’è partita.
I fenomeni non spiegati dalla Relatività sono generalmente spiegati da un’altra teoria – la Meccanica quantistica. Ne parleremo.
Perché è nata
Fino alla seconda metà dell’Ottocento la comunità fisica concordava che le leggi di Galileo – che spiegavano la cinematica dei corpi – e quelle di Newton – che spiegavano lameccanica dei corpi e la gravitazione – fossero compiute. D’altronde non c’era ragione di dubitare: avevano dato prova di grande precisione e le discrepanze riscontrate con gli esperimenti erano spesso attribuite a limiti tecnologici, a una superficiale comprensione dei fenomeni naturali o a una applicazione errata delle leggi conosciute. Ma le leggi stesse non erano in discussione.
Nel 1864 Maxwell, come abbiamo già accennato, unificò l’elettricità e il magnetismo sotto un’unica teoria, chiamata elettromagnetismo. I fenomeni elettromagnetici erano spiegati da quattro eleganti formule che concordavano perfettamente con gli esperimenti. Un unico, grosso problema: le leggi di Maxwell non erano covarianti rispetto alle leggi di Galileo. Cosa significa? I fisici ritengono che i fenomeni naturali funzionino tramite le stesse leggi anche se misurati da osservatori che si muovono con velocità diverse (purché costanti). È una richiesta di buon senso che Galileo formalizzò nel cosiddetto principio di relatività: se io viaggio su un treno mentre tu sei a terra, dobbiamo poter leggere il mondo con le stesse leggi fisiche. Conti alla mano, le leggi di Maxwell non rispettavano questo principio: cambiando sistema di riferimento, ossia cambiando lo stato di moto dell’osservatore, le leggi cambiavano forma. Non bene.
Un altro problema era legato alla velocità della luce, un fenomeno non a caso elettromagnetico. Semplificando molto (troppo. Per un breve approfondimento, clicca qui): i fisici si aspettavano che la velocità della luce cambiasse in base all’osservatore. Si aspettavano cioè che, accelerando abbastanza, si sarebbe potuto superare un raggio di luce così come si supera un treno. L’esperimento di Michelson e Morley del 1887 cominciò a smontare questa convinzione: il treno rispettava le leggi di Galileo, la luce no.
Le opzioni a quel punto erano due: riformulare le leggi di Maxwell oppure mettere in discussione la meccanica di Newton e la dinamica di Galileo, ossia tutta la fisica conosciuta fino ad allora. Einstein, con grande intuito, scelse la seconda strada.
L’idea alla base della Teoria della Relatività
Nella fisica Newtoniana/Galileiana esistono due concetti separati, lo spazio e il tempo: le distanze tra due punti vengono misurate con un righello, mentre il tempo si misura a parte con un cronometro. È quello che facciamo tutti. Inoltre per Newton – e per tutti noi nella nostra esperienza quotidiana – il tempo è un ritmo universale, come se da qualche parte ci fosse un Buddha con un immenso gong a scandire la vita di ciascuno.
Einstein pensò di ribaltare questo paradigma: perché dobbiamo dare al tempo un ruolo privilegiato e assoluto? L’idea di Einstein fu di considerare il tempo come una coordinata come le altre. Così, mentre per noi un punto è dato da tre coordinate (x,y,z), come nel disegno qui sotto,
per Einstein un punto è dato da quattro coordinate (t,x,y,z), ossia le tre di prima più “t”, il tempo. Quindi per Einstein dire “un punto” equivale a dire “un evento”, cioè quello che accade nelle coordinate spaziali x,y,z al tempo t. Quando si misura la distanza tra due eventi – due punti, – bisogna tenere conto di tutte e quattro le coordinate assieme. Non si può parlare di distanze spaziali e temporali come se fossero cose indipendenti. Il tempo e lo spazio si fondono perciò in un unico concetto: l’universo ha quattro dimensioni e si chiama spaziotempo.
Ok, ma in pratica cosa cambia?
Nello spaziotempo di Einstein le leggi di Galileo non funzionano più. In particolare non funzionano le trasformazioni di Galileo, quelle che facevano sballare le equazioni di Maxwell. Le stesse leggi che inizialmente avevano fatto credere ai fisici di poter “superare” la luce semplicemente andando abbastanza veloce. Al loro posto ci sono delle nuove leggi, dette trasformazioni di Lorentz, che mescolano il tempo con lo spazio e rendono il tempo relativo.
Cosa significa che il tempo non è più assoluto ma relativo?
Significa questo: niente più Buddha, niente più gong. Mentre con Galileo tutti misurano il tempo allo stesso modo, con Einstein due osservatori diversi possono scandire il tempo con ritmi diversi. È un’idea controintuitiva, lo so. Siamo abituati a pensare che “un secondo”, “un minuto” siano unità di misura uguali per tutti, ma non è così. Lo vediamo tra poco.
Fatto sta che le nuove trasformazioni di Lorentz sono esattamente quelle che servono pernon sballare le leggi di Maxwell. Inoltre dicono che – guarda un po’ – anche accelerando tantissimo non si può superare la velocità della luce. Insomma, tutto torna.
A questo quadro Einstein aggiunge un postulato: la velocità della luce nel vuoto è una costante indipendentemente dalla velocità di chi la misura.
Riassumendo quanto detto
1 – Le leggi fisiche sono le stesse per osservatori con diversi stati di moto (ossia con diverse velocità)
2 – La velocità della luce nel vuoto è una costante, ed è uguale per ogni osservatore
3 – Lo spazio e il tempo non sono più concetti distinti: esiste un unico concetto chiamato spaziotempo.
4 – Per cambiare osservatore bisogna modificare le leggi fisiche usando le trasformazioni di Lorentz, anziché quelle di Galileo. Con queste leggi tempo e spazio possono si “mescolano”. La misura del tempo (ma anche della distanza) diventa relativa.
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Conseguenze della Relatività Speciale
Vediamo ora cosa significa di preciso che il tempo e lo spazio si “mescolano” quando cambia l’osservatore. Supponiamo che voi siate su un treno che si muove, mentre io sono fermo sul ciglio del binario. Entrambi proviamo a misurare due cose: la lunghezza del treno e il tempo che ci mette il treno a superarmi completamente, da quando la locomotiva mi passa davanti a quando l’ultimo vagone mi sorpassa.
Per Galileo funziona così:
– sia io che voi, provando a misurare la lunghezza del treno, troviamo che è lungo 100 metri.
– sia io che voi, provando a misurare il tempo che ci mette il treno a superarmi completamente, troviamo che ci mette 15 secondi.
Semplice no? Esattamente quello che viviamo noi nel quotidiano. Le lunghezze e le misure degli intervalli di tempo sono uguali per tutti. Eppure è sbagliato. Per Einstein – e anche nella realtà – non funziona così. A me infatti, che sono fermo sul ciglio del binario, sembrerà che il treno sia più corto rispetto a voi, che vi state muovendo insieme al treno. Questo fenomeno si chiama contrazione delle lunghezze.
Se poi si misurasse il tempo che ci mette il treno a superarmi completamente, io misurerò un tempo leggermente più lungo di quanto misurato da voi, come se da me il tempo scorresse più velocemente. Questo fenomeno si chiama dilatazione del tempo.
Come forse avete notato, ho chiamato questi effetti fenomeni e l’ho fatto per un motivo molto semplice: accadono. Certo sembrano assurdi e il motivo è che a velocità molto basse questi effetti sono praticamente impercettibili. Nell’esempio che abbiamo fatto il treno si stava muovendo a 24 Km orari, una velocità bassissima e le differenze sono queste:
– quando voi misurate un treno lungo 100 metri, io misuro un treno lungo 99,999999999999975 metri;
– quando voi misurate un intervallo di tempo di 15 secondi, io misuro un intervallo di 15,0000000000000037 secondi.
Come vedete, a 24 Km orari le differenze sono così piccole che sono impossibili da notare.
Cosa accade però con una velocità molto più alta, diciamo 200 mila Km al secondo? In tal caso
– quando voi misurate un treno lungo 100 metri, io misuro un treno lungo 74,49 metri;
– quando voi misurate un intervallo di tempo di 15 secondi, io misuro un intervallo di 20,14 secondi.
Più aumenta la velocità più le differenze si fanno significative.
Ma sta roba è vera?
Sì. Sono fenomeni ampiamente verificati che vengono utilizzati quotidianamente. I più scettici trovano nelle note la storia del famoso esperimento di Hafele e Keating i quali, nel 1971, confermarono la dilatazione del tempo circumnavigando per due volte la terra portando a bordo dell’aereo quattro orologi atomici al cesio. Gli orologi risultarono poi sfasati rispetto a quelli rimasti fermi al US Naval Observatory di Washington DC e la differenza si dimostrò coerente con quella predetta dalla teoria di Einstein.
Pillole
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
L’allineamento dei pianeti
A partire da questi giorni fino a circa metà febbraio potremo vedere in cielo l’allineamento di Mercurio, Venere, Saturno, Marte e Giove a formare quasi una linea retta nel cielo. Per vederli tutti insieme a occhio nudo sarà sufficiente guardare verso sud poco prima dell’alba, meglio se da un posto con poco inquinamento luminoso. Per individuarli basterà cercare la Luna, che in quei giorni sarà più o meno sulla traiettoria tracciata dai pianeti. L’immagine qui sotto è una simulazione di cosa si vedrà in cielo il 2 febbraio, intorno alle 6 e mezza del mattino più o meno alle latitudini di Milano (l’immagine, tratta dal software Stellarium, si ingrandisce con un click).
Blue Origin raddoppia
Blue Origin – il razzo suborbitale di Jeff Bezos, fondatore di Amazon – è stato riutilizzato in un lancio test ed è atterrato ancora una volta in verticale. Va comunque ricordato che Blue Origin, nonostante i successi, è un lanciatore con finalità turistiche e tecnologicamente molto più semplice del Falcon 9 di SpaceX – che ogni tanto esplode.
Feedback
Aspetto come sempre le vostre opinioni a spacebreak [at] francescobussola.it.
Se vi fa piacere potete far conoscere la newsletter ai vostri amici.
Per approfondire
– L’esperimento di Hafele e Keating, in breve
– L’articolo storico di Hafele e Keating per presentare i dati dell’esperimento alla comunità scientifica
– Una puntata di Quark, credo, dedicata alla Teoria della Relatività (dal minuto 8:40, dura 15 minuti)
– Un video di Rai Scuola sulle trasformazioni di Lorentz
La forza di gravità, Hubble e i viaggi su Marte
Bentrovati! Spero abbiate avuto occasione di osservare, tra una nebbia e l’altra, la cometa Catalina. Avete ancora pochi giorni per farlo, poi dovremo dirle addio. Ah, la prossima cometa visibile a occhio nudo, 46P/Wirtanen, passerà nel 2018. Curiosamente Wirtanen era la cometa inizialmente prescelta per la missione Rosetta di cui abbiamo parlato.
Oggi come promesso cominciamo ad affrontare alcuni argomenti di fisica. Le prime newsletter saranno dedicate a fare una panoramica sulla fisica moderna, giusto per creare un po’ di basi comuni e imparare alcuni termini. Cominciamo oggi parlando della forza di gravità e vedremo brevemente come questa influenza i concetti di tempo e spazio.
Come già detto, per richieste e suggerimenti, scrivetemi.
La mia mail è spacebreak [at] francescobussola.it
Di cosa parliamo
– cos’è una forza
– la forza di gravità, oggi
– pillole della settimana
Che la forza sia con te, giovane Newton
L’uomo nel corso della storia si è fatto più volte le stesse domande sulla natura delle cose: perché gli oggetti cadono e non fluttuano come le nuvole? Perché il Sole, la Luna, le stelle e i pianeti si muovono nel cielo? I Greci si diedero delle risposte intuitive, studiando il moto degli oggetti in base al loro fine, non alle cause: i corpi che cadono sono composti di terra ed acqua che, per loro natura, tendono ad assumere la posizione “che loro compete” andando verso il basso. Gli altri corpi, composti di fuoco e aria, tendono verso l’alto. I corpi celesti sono invece composti di una quintessenza e sono mossi da una causa prima.
Galileo, parecchi secoli dopo, cambiò paradigma: non chiediamoci perché i corpi si muovono. Chiediamoci come. Fu una rivoluzione. Le leggi di Galileo descrivevano la dinamica dei corpi (il moto), fregandosene delle cause. Galileo capì anche che un corpo fermo o che si muove in linea retta con velocità costante non cambia il suo moto a meno che non intervenga una forza esterna. Questo principio, detto principio di inerzia, è tutt’altro che intuitivo. I Greci ad esempio pensavano il contrario, ossia che servisse una forza per muovere un corpo con velocità costante. D’altronde per continuare a far scivolare un masso sul terreno bisogna spingerlo, altrimenti si ferma, no? Non avevano capito che la spinta era necessaria per bilanciare l’attrito tra il masso e il terreno, una forza esterna che ci lavora contro.
Fu Newton, parecchi secoli dopo, a capire che anche il moto dei gravi – ossia dei corpi che cadono – era dovuto a una forza, la forza di gravità. Una palla, che è fatta di materia, cade verso il suolo perché attratta dalla massa della Terra. Anche la Terra, che è fatta di materia, è attratta dalla massa della palla. La forza di gravità infatti agisce sui due corpi in gioco e lo fa in maniera simmetrica, ossia la palla e la Terra sentono la stessa forza di gravità. Ma poiché la Terra ha molta più massa della palla, ha un’inerzia maggiore, che è un modo fisico per dire che è più difficile muovere la Terra che la palla. Per muovere la Terra serve una forza più grande, perciò è la palla a cadere e non viceversa.
Ma il colpo di genio fu questo: la Terra, il Sole, la Luna, gli altri pianeti sono tutte palline nell’universo fatte di materia e si attirano le une con le altre in base alla forza di gravità. È questa forza che le fa muovere. Newton capì “la causa” dietro alla dinamica dei corpi celesti di Galileo e cominciò a sviluppare la matematica per descrivere le forze in gioco. È la nascita della meccanica dei corpi in movimento.
Ok, bella storia, ma non ci hai detto cos’è una forza.
Come nell’esempio della gravità, una forza è una qualsiasi interazione tra due o più corpi che cambia il loro stato di moto (o di quiete).
La forza di gravità, oggi
Oggi la legge di gravitazione universale proposta da Newton per descrivere questa interazione è stata superata da una teoria più completa, la Teoria della Relatività Generale di Einstein.
Tenete presente che per Einstein abbandonare la legge di gravitazione universale non fu una scelta facile. All’epoca – inizio Novecento – le teoria di Newton aveva superato tantissimi test sperimentali, arrivando addirittura a predire l’esistenza di un nono pianeta nel Sistema Solare: nel 1846 venne infatti scoperto Nettuno, nel punto esatto previsto dalle formule.
I motivi che spinsero Einstein, durante la formulazione della sua nuova teoria, ad abbandonare Newton, furono essenzialmente due: uno di carattere sperimentale e uno di carattere teorico.
Da una parte la teoria di Newton non riusciva a spiegare una particolare caratteristica dell’orbita di Mercurio, il pianeta del Sistema Solare più vicino al Sole (per gli appassionati di astronomia: il perielio di Mercurio “slittava” in maniera anomala rispetto all’orbita prevista da Newton).
D’altra parte Einstein aveva già formulato nel 1905 la Teoria della Relatività Speciale – la parte della Teoria di Einstein che non si occupa della gravità – e sapeva una cosa fondamentale. Secondo la Relatività, infatti, la distanza tra due punti, quella che noi misuriamo con il righello, non è unica, ma dipende dallo stato di moto di chi la misura. Significa che se io mi sto muovendo a una velocità diversa da te e proviamo a misurare lo stesso oggetto, troveremo due risultati diversi. È un’idea molto controintuitiva, lo so, soprattutto per il fatto che la differenza è spesso incredibilmente piccola e non la notiamo. Per ora fidatevi di me. Un giorno ne parleremo.
Fatto sta che la legge di gravitazione universale di Newton dipende proprio dalla distanza tra i corpi in gioco. Ma se la distanza cambia a seconda di chi la misura, quale bisogna usare?
Questa particolare e brillante domanda, più di ogni altra cosa, convinse Einstein che la legge di Newton era in qualche modo sbagliata.
Tra l’altro è interessante notare che la motivazione sperimentale – quella a proposito di Mercurio – e la motivazione teorica sono in qualche modo intrecciate tra loro: la legge di Newton è infatti sbagliata proprio perché dipende dalla distanza tra i corpi in gioco. L’errore – che di solito non si nota – è palese quando la forza di gravità è molto intensa. Mercurio è vicino al Sole e sente quindi un’intensa forza di gravità. Ecco perché le formule di Newton non funzionano in quel caso.
Bonus: Il tempo non è quello che pensiamo
Abbiamo detto che per la Teoria della Relatività, sia quella Speciale che quella Generale, la distanza non è una misura univoca, ma cambia a seconda di chi la osserva. E abbiamo detto che non solo lo stato di moto (la velocità) di chi sta misurando influisce sul risultato, ma – come nel caso di Mercurio – anche l’intensità della forza di gravità ha degli effetti sulla misura.
Il fatto ancora più stupefacente è che non solo le distanze sono affette da questo fenomeno. Siccome in Relatività il tempo e lo spazio sono fusi in un unico concetto, chiamato spaziotempo, anche il tempo è relativo, ossia cambia in base allo stato di moto dell’osservatore e all’intensità della forza di gravità dove è effettuata la misura.
Sono idee un po’ complesse da comprendere senza guardare delle formule, ma per ora è sufficiente che vi facciate un’idea. Per aiutarvi potete guardare i primi 10 minuti di questo video di Carlo Rovelli, noto fisico teorico italiano. Parla della relatività del tempo e di come è influenzato della gravità. Quando comincia a parlare dell’equazione di Wheeler-DeWitt potete fermarvi.
Parleremo più avanti della Teoria della Relatività e capiremo meglio questi concetti. Per ora fermiamoci qua.
Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
Hubble ha visto cose
Hubble è un telescopio spaziale che orbita intorno alla terra e che da venticinque anni fornisce immagini fantastiche dell’universo. Parleremo un giorno della sua storia.
In questi giorni Hubble ha scattato delle nuove foto alla galassia NGC 6052, che si trova a 230 milioni di anni luce da noi nella costellazione di Ercole.
Una galassia è un grande insieme di stelle, “sistemi solari”, ammassi stellari, polveri, gas e detriti tenuti insieme dalla forza di gravità, La nostra galassia è chiamata Via Lattea, è quella grande fascia biancastra visibile a occhio nudo ne cielo notturno.
Sin dal 1969 ci si era accorti che NGC 6052 aveva una struttura strana. Dieci anni dopo qualcuno sospettò che non si trattasse di una galassia, ma di due galassie in collisione a causa della grande forza di gravità reciproca. E in effetti è così.
Nell’immagine seguente – una recente foto scattata da Hubble sovrapposta a una dell’osservatorio Apache Point (SDSS), – potete notare la struttura irregolare (si ingrandisce con un click).
Ecco invece la stupenda foto ad alta risoluzione scattata qualche giorno fa (si ingrandisce con un click).
Quattro nuovi elementi sulla tavola periodica
L’Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC) ha riconosciuto la scoperta, ossia la produzione sulla terra, degli elementi 113, 115, 117 e 118 della tavola periodica. Questi elementi chimici erano stati scoperti qualche anno fa, ma c’è voluto del tempo perché la IUPAC analizzasse gli studi prodotti in questi anni per confermarne l’effettiva produzione.
I gruppi di ricerca che li hanno prodotti hanno ora il diritto di scegliere il nome e il simbolo degli elementi chimici, che per ora erano chiamati ununtrium (Uut), ununpentium (Uup), ununseptium (Uus) e ununoctium (Uuo). Il settimo periodo (la settima riga) della tavola periodica è dunque completo.
L’Europa su Marte
L’ESA (l’agenzia spaziale europea) conferma che partirà a marzo la missione ExoMars. La missione, coordinata dall’Agenzia Spaziale Italiana, prevede nel 2016 il lancio di un satellite e di un dimostratore di atterraggio su Marte. Nel 2018 verrà invece inviato un rover. L’era dei viaggi su Marte si avvicina.
La Teoria delle Stringhe fa discutere
Vi avevo anticipato che negli ultimi tempi la Teoria delle Stringhe sta disilludendo molti fisici: non spiega più fenomeni di quanto facciano altre teorie quantistiche, ha qualche pregio ma vari difetti, tra i quali il fatto di non definire univocamente alcune quantità. Inoltre una delle sue predizioni più importanti – l’esistenza delle particelle supersimmetriche – non è stata ancora confermata nonostante i grandi progressi negli esperimenti. Non significa che queste particelle non esistano del tutto, ma non è bello non trovarle mai.
Lo scorso dicembre c’è stato un workshop su come riformulare il metodo scientifico in fisica moderna, un dibattito motivato soprattutto dal fatto che negli Stati Uniti la definizione di teoria scientifica è stata resa molto – forse fin troppo – rigorosa per contestare alle congregazioni religiose l’insegnamento del creazionismo nelle scuole. Il dibattito si sta focalizzando anche sulla Teoria delle Stringhe. Davide Castelvecchi su Nature (inglese) si chiede addirittura se sia scienza.
Per approfondire
– la legge di gravitazione universale ricavata come fece Newton (attenzione, formule)
– come funziona la gravità secondo Einstein (video in inglese)
– un riassuntone base della Teoria della Relatività Generale, per chi vuole buttarsi avanti
– le cento migliori foto di Hubble
– cosa è speculazione e cosa è scienza? Un articolo di Ellis e Silk (inglese, niente formule, un po’ tecnico)
Aggiornamento
Quando ho scritto che le leggi di Galileo descrivevano la dinamica dei corpi, intendevo la cinematica. Mi scuso per la svista. Grazie a chi me l’ha segnalato.